In data 13 luglio 2022, il Tribunale dell’Unione Europea si è pronunciato nella Causa T-227/21, Illumina, Inc. contro Commissione Europea, in merito all'annullamento i) della Decisione C(2021) 2847 final del 19 aprile 2021 con cui la Commissione aveva accolto la richiesta dell'Autorité de la concurrence française (Autorità per la concorrenza francese) di esaminare centralmente il progetto di acquisizione del controllo esclusivo della Grail, Inc. (“Grail”) da parte della Illumina, Inc. ("Illumina”), ii) le Decisioni C(2021) 2848 final, C(2021) 2849 final, C(2021) 2851 final, C(2021) 2854 final e C( 2021) 2855 final del 19 aprile 2021 con cui la Commissione aveva accettato le richieste delle autorità garanti della concorrenza di Grecia, Belgio, Norvegia, Islanda e Paesi Bassi di aderire a tale richiesta, e iii) la lettera con cui la Commissione, in data 11 marzo 2021, aveva informato di quest’ultima la Illumina e la Grail.

Questi i fatti e il procedimento.

In data 20 settembre 2020 la Illumina, una società che fornisce soluzioni basate sul sequenziamento per l'analisi genetica e genomica, aveva stipulato un accordo per acquisire il controllo esclusivo della Grail, che sviluppa esami del sangue per la diagnosi precoce dei tumori, nel cui capitale già deteneva una quota del 14,5%. Poiché il fatturato delle imprese interessate non superava le soglie rilevanti, la concentrazione non assumeva una dimensione europea ai fini del Regolamento (CE) 139/2004[1], e pertanto non era stata notificata nè alla Commissione[2] né agli Stati Membri o a quelli parte dell'Accordo sullo Spazio Economico Europeo (SEE), in quanto non rientrava nell'ambito di applicazione delle loro norme nazionali sul controllo delle concentrazioni.

Dopo aver ricevuto, in data 7 dicembre 2020, una denuncia relativa alla concentrazione in questione, la Commissione era però giunta alla conclusione preliminare che quest'ultima potesse formare oggetto di un rinvio ai sensi dell'articolo 22[3] del Regolamento in considerazione, in particolare, del fatto che la criticità della Grail per la concorrenza nel mercato rilevante non avrebbe trovato riscontro nel suo fatturato. In data 19 febbraio 2021, la Commissione aveva informato gli Stati Membri della concentrazione inviando loro una lettera in cui spiegava i motivi per cui riteneva, prima facie, che quest’ultima sembrava soddisfare le condizioni di cui all'articolo 22, invitandoli a presentare una richiesta di rinvio. Poiché l'Autorità per la concorrenza francese aveva in seguito in effetti richiesto alla Commissione di esaminare la concentrazione, quest'ultima ne aveva informato[4] le autorità garanti degli altri Stati Membri in data 10 marzo 2021, nonché le imprese interessate in data 11 marzo 2021, ricordando loro che la concentrazione non avrebbe potuto essere attuata in quanto, e nella misura in cui, l'obbligo di standstill[5] fosse applicabile. Con lettere del 24, 26 e 31 marzo 2021, infine, le autorità garanti di Grecia, Belgio, Norvegia, Islanda e Paesi Bassi avevano aderito alla richiesta di rinvio.

Con le decisioni del 19 aprile 2021, la Commissione aveva accolto sia la richiesta di rinvio che quelle di adesione[6].

Avverso tali decisioni, la Illumina si era rivolta al Tribunale proponendo tre motivi di ricorso.

Con il primo motivo, la Illumina sosteneva che i) la Commissione aveva erroneamente interpretato il Regolamento sulle concentrazioni ritenendo di poter accogliere una richiesta di rinvio ai sensi dell'articolo 22 in una situazione in cui gli Stati Membri che avevano presentato tale richiesta non erano in realtà legittimati, ai sensi delle rispettive normative nazionali, ad esaminare l’operazione oggetto della richiesta, ii) la posizione della Commissione era incompatibile con l'obiettivo dello “sportello unico” basato sulle soglie di fatturato, nonché con quello di consentire alle autorità nazionali competenti di delegare i propri poteri di indagine alla Commissione laddove quest'ultima sia in una posizione migliore per esaminare una concentrazione, iii) la Commissione non aveva tenuto conto del contesto dell'articolo 22 del Regolamento, e iv) l’interpretazione datane dalla Commissione era contraria ai principi di certezza del diritto, sussidiarietà e proporzionalità.

Il Tribunale ha preliminarmente ricordato che, nell’interpretare una norma di diritto europeo, occorre tenere conto non soltanto della sua formulazione, e bensì anche del suo contesto, degli obiettivi perseguiti dall’atto di cui essa fa parte nonché della sua genesi[7].

Per quanto riguarda l'interpretazione letterale, l'articolo 22, paragrafo 1, del Regolamento prevede quattro condizioni cumulative per il rinvio di una concentrazione alla Commissione, ossia che i) la richiesta di rinvio sia presentata da uno o più Stati Membri, ii) l'operazione oggetto di tale richiesta soddisfi la definizione di concentrazione[8] senza avere una dimensione europea, iii) la concentrazione incida sul commercio tra Membri Stati, e iv) la concentrazione rischi di incidere in misura significativa sulla concorrenza nel territorio dello Stato o degli Stati Membri che hanno presentato la richiesta di rinvio. Di conseguenza, dal tenore letterale dell'articolo 22 del Regolamento non risulta che, per poter essere deferita da uno Stato Membro alla Commissione, una concentrazione debba rientrare nell'ambito di applicazione delle norme nazionali sul controllo delle concentrazioni di tale Stato, né che quest'ultimo debba disporre di un tale sistema di controllo. Al contrario, una concentrazione può formare oggetto di un rinvio, indipendentemente dall'esistenza o dalla portata delle norme nazionali in materia, solo se le condizioni cumulative previste dall'articolo 22, paragrafo 1, siano soddisfatte.

Ciò trova conferma anche nell'interpretazione storica che, tenendo conto tanto dell'articolo 22 del Regolamento n. 4064/89[9] quanto della proposta della Commissione del 2003[10], ribadisce che l'articolo 22, paragrafo 1, del Regolamento consente ad uno Stato Membro, indipendentemente dall'ambito di applicazione delle proprie norme nazionali, di deferire alla Commissione operazioni che, sebbene non soddisfino le soglie di fatturato di cui all'articolo 1 del medesimo Regolamento, possono produrre effetti transfrontalieri significativi.

Per quanto riguarda l'interpretazione contestuale, il Tribunale ha rammentato che l'ambito di applicazione del Regolamento sulle concentrazioni (e di conseguenza, la competenza della Commissione) dipendono principalmente dal superamento delle soglie di fatturato previste dall’articolo 1 e, in subordine, dai meccanismi di rinvio di cui agli articoli 4, paragrafo 5[11], e 22, che autorizzano l'esame da parte della Commissione di talune operazioni di concentrazione che non hanno dimensione europea. L'articolo 22, pertanto, fa parte delle disposizioni del Regolamento n. 139/2004 che determinano la competenza della Commissione in materia di controllo delle concentrazioni. In secondo luogo, l'articolo 22, paragrafo 1, del Regolamento non è allineato ai meccanismi previsti dagli articoli 4, paragrafo 4[12], e 9[13], che disciplinano il rinvio di una concentrazione di dimensione europea alle autorità competenti di uno Stato Membro; di talché, esso non può essere interpretato alla luce di queste ultime norme, in quanto non è espressamente richiesto né all'autorità garante nazionale di essere competente per esaminare la concentrazione oggetto del rinvio né che tale concentrazione debba essere notificata. Gli altri paragrafi dello stesso articolo 22, inoltre, non contengono elementi in grado di fare ulteriormente luce sul contenuto del paragrafo 1, e pertanto, una richiesta di rinvio ai sensi di tale disposizione può essere presentata indipendentemente dall'ambito di applicazione delle norme nazionali.

Ciò trova conferma, infine, anche nell'interpretazione teleologica, in quanto i considerando 15[14] e 16[15] del Regolamento ribadiscono che le condizioni previste dall'articolo 22 sono sostanzialmente diverse da quelle degli altri meccanismi di rinvio.

In merito, invece, all'affermazione della Illumina, secondo cui uno Stato Membro che abbia definito le condizioni in base alle quali esaminare le concentrazioni prive di dimensione europea abbia così esercitato la propria competenza, il Tribunale ha affermato che tutte le operazioni non contemplate dal Regolamento n. 139/2004 rientrano, in linea di principio, nella giurisdizione degli Stati Membri. Conformemente al principio di attribuzione delle competenze[16], pertanto, una concentrazione che, ove non siano state superate le soglie di fatturato previste dall'articolo 1 del Regolamento n. 139/2004, non rientri nel suo ambito di applicazione, rientra nella competenza degli Stati Membri, che possono avvalersi del potere di rinvio ai sensi dell'articolo 22.

Per quanto riguarda, inoltre, la presunta violazione del principio di sussidiarietà, l'interpretazione dell'articolo 22 del Regolamento adottata dalla Commissione, secondo cui una richiesta di rinvio ai sensi di tale disposizione può essere proposta indipendentemente dall'ambito di applicazione delle norme nazionali, garantisce, da un lato, che tale articolo costituisca un efficace meccanismo correttivo a tutela degli interessi degli Stati Membri e, dall'altro, che una causa sia trattata dall’autorità più appropriata.

Tale interpretazione è anche conforme al principio di proporzionalità, in quanto consente alla Commissione di esaminare una concentrazione solo se le quattro condizioni cumulative previste dall'articolo 22, paragrafo 1, del Regolamento sono soddisfatte, limitandone così la libertà d’azione in maniera significativa, e pertanto, tale interpretazione risulta adeguata per raggiungere l'obiettivo di esaminare le concentrazioni che possono ostacolare in modo significativo una concorrenza effettiva nel mercato interno.

Per quanto riguarda, infine, la presunta violazione del principio di certezza del diritto, l'interpretazione proposta dalla Illumina, che subordina l'applicazione dell'articolo 22 del Regolamento n. 139/2004 ai requisiti di un sistema nazionale di controllo delle concentrazioni, prevedendo una sorta di deroga per gli Stati Membri che non dispongono di un tale sistema, creerebbe incertezza circa le concentrazioni che rientrano nell'ambito di applicazione di tale disposizione. L’interpretazione della Commissione, al contrario, subordina l'applicazione dell'articolo 22 unicamente al soddisfacimento delle quattro condizioni cumulative previste dal suo paragrafo 1, che ne garantiscono l'uniforme applicazione all'interno dell'Unione europea. Di conseguenza, il primo motivo è stato respinto.

Il secondo motivo si articola in due parti.

Con la prima parte, la Illumina sosteneva che la domanda di rinvio era stata presentata dopo la scadenza del termine previsto dall'articolo 22, paragrafo 1, del Regolamento. Più particolarmente, secondo la Illumina, la Commissione aveva commesso un errore di diritto nell’affermare che, per ritenere che la concentrazione fosse stata resa nota allo Stato Membro ai sensi di tale disposizione, quest’ultimo avrebbe dovuto essere informato non solo dell'esistenza della concentrazione stessa, e bensì anche degli elementi per effettuarne un'analisi preliminare, rendendosi così in via di fatto necessaria la notifica dell’operazione a tutti gli Stati Membri.

Nel trattare questo motivo, il Tribunale ha proposto un'interpretazione letterale, contestuale, teleologica e storica dell’espressione "resa nota allo Stato membro interessato" di cui all'articolo 22, paragrafo 1, del Regolamento. Tenuto conto, in particolare, del contesto e delle finalità di quest’ultimo, e del principio della certezza del diritto, secondo il Tribunale tale espressione deve essere interpretata nel senso di richiedere che le informazioni pertinenti siano trasmesse attivamente allo Stato Membro in questione, consentendogli di valutare, in via preliminare, se le condizioni per un rinvio ai sensi dell'articolo 22 siano state soddisfatte. Di conseguenza, il termine di 15 giorni lavorativi ivi previsto inizia a decorrere, qualora non sia richiesta la notifica della concentrazione, dal momento in cui l’informazione è stata trasmessa.

Nel caso concreto, la Illumina e la Grail non avevano mai trasmesso attivamente alcuna informazione relativa alla concentrazione né all'Autorità per la concorrenza francese, né a quelle degli Stati Membri che avevano presentato le richieste di adesione. Le due imprese, infatti, non avevano dimostrato che, prima di ricevere la lettera di invito, tali autorità avessero ottenuto da altre fonti le informazioni necessarie per effettuare una valutazione preliminare delle condizioni di cui all'articolo 22, paragrafo 1, del Regolamento, limitandosi a presumere che l'Autorità francese fosse stata a conoscenza dell'operazione in questione prima di tale data. Di conseguenza, è proprio la lettera di invito che ha consentito a tali autorità di effettuare la valutazione preliminare delle condizioni di cui all'articolo 22, paragrafo 1, del Regolamento, la sua data costituendo pertanto il momento in cui la concentrazione era stata "resa nota" ai sensi di tale articolo. Poiché tale lettera era datata 19 febbraio 2021, e la richiesta di rinvio era stata presentata in data 9 marzo 2021, il termine di 15 giorni lavorativi previsto da tale disposizione era stato rispettato e, pertanto, la prima parte del secondo motivo veniva respinta.

Con la seconda parte del secondo motivo, la Illumina sosteneva che, anche laddove la concentrazione fosse stata resa nota mediante la lettera di invito all’autorità francese o a quelle che avevano chiesto di aderire alla domanda di rinvio, il ritardo della Commissione nell'inviarla era contrario al principio della certezza del diritto, nonché all'obbligo di agire entro un termine ragionevole ai sensi del principio di buona amministrazione.

Il Tribunale ha ricordato che, nonostante l'articolo 22 del Regolamento non preveda espressamente alcun termine entro cui la Commissione debba informare gli Stati Membri di un'operazione rispondente ai criteri di cui al suo paragrafo 1[17], la necessità di agire entro un termine ragionevole nell’ambito dei procedimenti amministrativi relativi alla politica di concorrenza costituisce un principio generale del diritto europeo[18]. La violazione del principio del termine ragionevole, tuttavia, può giustificare l'annullamento di una decisione solo nella misura in cui essa dia altresì luogo ad una violazione del diritto di difesa dell'impresa interessata[19]. Laddove la durata di un procedimento non sia fissata da una norma di diritto europeo, inoltre, la ragionevolezza del termine impiegato dall'istituzione per adottare un atto controverso va valutata alla luce di tutte le circostanze specifiche di ciascun caso quali, tra le altre, la sua complessità e la sua importanza per l'interessato[20]. Di conseguenza, qualora riceva informazioni mediante una denuncia che le consenta di valutare se un’operazione soddisfi le condizioni previste dall'articolo 22 del Regolamento, la Commissione non può rinviare a tempo indeterminato la comunicazione delle sue intenzioni agli Stati Membri, essendo obbligata, al contrario, a prendere una posizione entro un termine ragionevole in merito alla sussistenza dei presupposti per una richiesta di rinvio nonché alla necessità di informare lo Stato o gli Stati Membri interessati.

Nel caso concreto, la Commissione era venuta a conoscenza dell'esistenza della concentrazione dopo che una denuncia era stata presentata in data 7 dicembre 2020, e da quel momento erano trascorsi 47 giorni lavorativi fino all'invio della lettera di invito il successivo 19 febbraio 2021. Secondo il Tribunale, durante tale periodo la Commissione si era servita di informazioni per la maggior parte disponibili al pubblico già quando aveva ricevuto la denuncia, potendo così avviare in tempi relativamente brevi i contatti con le quattro autorità garanti nazionali potenzialmente competenti. Essendo così in grado di esaminarne le caratteristiche essenziali e valutarne in via preliminare la conformità all'articolo 22, paragrafo 1, del Regolamento, e se fosse opportuno informarne gli Stati Membri, il mero fatto che la Commissione abbia svolto un'attività istruttoria continua durante il periodo dal 7 dicembre 2020 al 19 febbraio 2021 non è circostanza sufficiente per ritenere che tale lasso di tempo costituisse un termine ragionevole.

Tuttavia, laddove non sia accertato che l'indebito ritardo abbia pregiudicato la capacità delle imprese interessate di difendersi efficacemente, il mancato rispetto del principio del termine ragionevole non pregiudica la validità del procedimento amministrativo[21]. Poiché le spiegazioni fornite dalla Illumina non erano state sufficienti a dimostrare una violazione dei suoi diritti di difesa, anche la seconda parte del secondo motivo veniva respinta.

Con il terzo motivo, infine, la Illumina sosteneva che le decisioni della Commissione violavano i principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto. Più particolarmente, secondo la prassi in vigore all'epoca in cui le imprese interessate avevano concordato la concentrazione, la Commissione non accoglieva richieste di rinvio per operazioni che non rientravano nell'ambito di applicazione delle norme nazionali sul controllo delle concentrazioni. Secondo la Illumina, inoltre, dal tenore del discorso del Vicepresidente della Commissione dell'11 settembre 2020, era chiaro che tale prassi aveva continuato ad applicarsi fino a quando non era stata modificata dalle nuove linee guida del 26 marzo 2021[22].

Il Tribunale ha, al riguardo, ricordato che il diritto di far valere il principio di tutela del legittimo affidamento presuppone che siano state fornite all'interessato assicurazioni precise, incondizionate e coerenti provenienti da fonti autorizzate ed attendibili delle autorità competenti dell'Unione europea[23], applicandosi a qualsiasi individuo in una situazione in cui un'istituzione, un organo o un'agenzia europea lo abbia indotto a nutrire aspettative fondate.

Nel caso concreto, tuttavia, la Illumina non aveva sostenuto di aver ottenuto dalla Commissione assicurazioni precise, incondizionate e coerenti in relazione al trattamento della concentrazione in questione, né era stata in grado di dimostrare l'esistenza di tali assicurazioni in relazione alle concentrazioni che non rientravano nel campo di applicazione delle norme nazionali. Secondo il Tribunale, inoltre, la Illumina non poteva avvalersi di atti o dichiarazioni che, laddove interpretati conformemente a quanto proposto, mirino a limitare il potere degli Stati Membri di chiedere un rinvio ai sensi dell'articolo 22 del Regolamento alle condizioni ivi previste. Di conseguenza, anche il terzo motivo veniva respinto in quanto infondato.

È significativo che, in questa prima decisione sull’esercizio dei poteri di rinvio ex art. 22 del Regolamento in base alle nuove linee guida, il Tribunale abbia sostanzialmente mostrato di condividere l’orientamento politico “espansivo” della Commissione, anche a costo di qualche forzatura dei principi fondamentali, primo fra tutti quello della certezza giuridica ex ante dei meccanismi di valutazione dell’impatto concorrenziale delle concentrazioni, anche di dimensione doppiamente sotto soglia.