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Le sanzioni inflitte agli atleti dall’Unione Internazionale di Pattinaggio per la partecipazione a competizioni sportive non autorizzate violano le norme europee sulla concorrenza

De Berti Jacchia Franchini Forlani Studio Legale

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European Union December 14 2017

Le sanzioni inflitte agli atleti dall’Unione Internazionale di Pattinaggio per la partecipazione a competizioni sportive non autorizzate violano le norme europee sulla concorrenza Roberto A. Jacchia Sara Capruzzi 2 Con decisione dell’8 dicembre 2017 la Commissione Europea ha ordinato all’Unione Internazionale di Pattinaggio (International Skating Union, ISU), l’organismo sportivo di governance internazionale del pattinaggio sul ghiaccio, di modificare le proprie regole relative alla partecipazione degli atleti alle gare sportive per conformarsi alle norme europee in materia di concorrenza. L'ISU è l'unico organismo riconosciuto dal Comitato Olimpico Internazionale che governa le discipline del pattinaggio di figura e di velocità sul ghiaccio, di cui fanno parte le varie associazioni nazionali. L’ISU e i suoi membri generano profitti grazie alle competizioni sportive che organizzano, tra cui vi sono eventi a livello mondiale quali le Olimpadi invernali e i campionati internazionali ed europei. Secondo le regole stabilite dall'ISU, se un atleta partecipa ad una manifestazione non autorizzata è soggetto a una serie di sanzioni, che possono giungere fino all'esclusione a vita da tutte le principali competizioni internazionali. A seguito di una denuncia presentata da due pattinatori olandesi, Mark Tuitert e Niels Kerstholt, il 5 ottobre 2015 la Commissione aveva avviato un’indagine per verificare se tali norme ISU impedissero agli atleti di esercitare liberamente la propria professione, escludendoli dalla partecipazione ad eventi e gare organizzate da organismi e associazioni non facenti parte dell’ISU. A seguito di ciò, nel giugno 2016 l'ISU aveva introdotto alcune modifiche alle proprie regole; tuttavia la Commissione aveva ritenuto che il sistema di sanzioni fosse rimasto sproporzionatamente punitivo, ostacolando l'emergere di competizioni internazionali indipendenti di pattinaggio di velocità. Pertanto, nel settembre 2016, la Commissione ha inviato all’ISU una comunicazione degli addebiti, informandola di aver concluso in via preliminare che le norme del regolamento, in base alle quali gli atleti sono soggetti a severe sanzioni per la partecipazione a gare non autorizzate, potevano configurare una violazione delle norme europee di concorrenza. Secondo la Commissione, le sanzioni previste dalle regole ISU limitano la libertà commerciale e professionale degli atleti e impediscono a nuovi organizzatori di manifestazioni internazionali di pattinaggio di velocità di entrare nel mercato, perché non sono per tale ragione in grado di attirare atleti di massimo livello. Gli organismi sportivi internazionali svolgono un ruolo fondamentale per stabilire le regole del gioco. Quando l'organismo che stabilisce le regole, o le società e le persone che ne sono interessate, svolgono un'attività economica, od anche un’attività economica, la regolamentazione sportiva è soggetta alle norme europee sulla concorrenza. Va, infatti, ricordato che costituisce un’attività economica qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato. Nei limiti in cui tale presupposto sia soddsfatto, le attività attinenti allo sport sono soggette al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE)1 , ed in particolare alle norme europee di concorrenza2 . Le 1 Si veda, inter alia, CGUE 15.12.1995, Causa C-415/93, Bosman. 2 Si veda, inter alia, CGUE 11.04.2000, Cause riunite C-51/96 e C-191/97, Deliège; CGUE 18.07.2006, Causa C ‑ 519/04 P, Meca-Medina e Majcen/Commissione. In particolare, in 3 attività sportive, tra cui la partecipazione di un atleta di alto livello ad una competizione internazionale, possono comportare la prestazione di diversi servizi distinti, ma strettamente connessi. L'organizzatore di una competizione offre all'atleta la possibilità di esercitare la sua attività sportiva misurandosi con altri concorrenti; al tempo stesso, con la loro partecipazione alla gara, gli atleti permettono all'organizzatore di produrre uno spettacolo sportivo al quale il quest’ultima sentenza la Corte ha affermato che “... quando un’attività sportiva riveste il carattere di una prestazione di lavoro subordinato o di una prestazione di servizi retribuita, come nel caso dell’attività degli sportivi professionisti o semiprofessionisti (v., in tal senso, citate sentenze Walrave e Koch, punto 5; Donà, punto 12, e Bosman, punto 73), essa ricade in particolare nell’ambito di applicazione degli artt. 39 CE e seguenti o degli artt. 49 CE e seguenti. Queste disposizioni comunitarie in materia di libera circolazione delle persone e di libera prestazione dei servizi non disciplinano soltanto gli atti delle autorità pubbliche, ma si estendono anche alle normative di altra natura dirette a disciplinare collettivamente il lavoro subordinato e le prestazioni di servizi (citate sentenze Deliège, punto 47, nonché Lethonen e Castors Braine, punto 35). La Corte ha tuttavia dichiarato che i divieti sanciti da queste disposizioni del Trattato non riguardano le regole che vertono su questioni che interessano esclusivamente lo sport e che, come tali, sono estranee all’attività economica (v., in tal senso, sentenza Walrave e Koch, cit., punto 8). Per quanto riguarda la difficoltà di separare gli aspetti economici da quelli sportivi di un’attività sportiva, nella citata sentenza Donà, punti 14 e 15, la Corte ha riconosciuto, che le norme comunitarie sulla libera circolazione delle persone e dei servizi non ostano a normative o a prassi giustificate da motivi non economici, inerenti alla natura e al contesto specifici di talune competizioni sportive. La Corte, però, ha sottolineato che tale restrizione dell’ambito d’applicazione di dette norme deve restare entro i limiti del suo oggetto specifico. Pertanto, essa non può essere invocata per escludere un’intera attività sportiva dall’ambito d’applicazione del Trattato (citate sentenze Bosman, punto 76, e Deliège, punto 43). Alla luce di tutte queste considerazioni, si evince che la sola circostanza che una norma abbia un carattere puramente sportivo non sottrae tuttavia dall’ambito di applicazione del Trattato la persona che esercita l’attività disciplinata da tale norma o l’organismo che l’ha emanata. Se l’attività sportiva di cui trattasi rientra nell’ambito di applicazione del Trattato, allora i requisiti per il suo esercizio sono sottoposti a tutti gli obblighi derivanti dalle varie disposizioni del Trattato. Ne consegue che le norme che disciplinano la detta attività devono soddisfare i presupposti per l’applicazione di tali disposizioni che sono in particolare finalizzate a garantire la libera circolazione dei lavoratori, la libertà di stabilimento, la libera prestazione dei servizi o la concorrenza. Quindi, nel caso in cui l’esercizio di tale attività sportiva debba essere valutato alla luce delle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei lavoratori o alla libera prestazione dei servizi, occorrerà verificare se le norme che disciplinano la detta attività soddisfino i presupposti per l’applicazione degli artt. 39 CE e 49 CE, cioè non costituiscano restrizioni vietate dai detti articoli (sentenza Deliège, cit., punto 60). Del pari, nel caso in cui l’esercizio della detta attività debba essere valutato alla luce delle disposizioni del Trattato relative alla concorrenza, occorrerà verificare se, tenuto conto dei presupposti per l’applicazione propri degli artt. 81 CE e 82 CE, le norme che disciplinano la detta attività provengano da un’impresa, se quest’ultima limiti la concorrenza o abusi della sua posizione dominante, e se tale restrizione o tale abuso pregiudichi il commercio tra gli Stati membri. Dunque, quand’anche si consideri che tali norme non costituiscano restrizioni alla libera circolazione perché riguardano questioni che interessano esclusivamente lo sport e, come tali, sono estranee all’attività economica (citate sentenze Walrave e Koch nonché Donà), tale circostanza non implica né che l’attività sportiva interessata esuli necessariamente dall’ambito di applicazione degli artt. 81 CE e 82 CE né che le dette norme non soddisfino i presupposti per l’applicazione propri dei detti articoli...”. (punti 23-31). 4 pubblico può assistere, che emittenti di programmi televisivi possono ritrasmettere e che può interessare quanti intendono inviare messaggi pubblicitari nonché sponsor. In tal modo, viene assicurato il supporto all’attività sportiva di prestazioni di natura economica3 . Per quanto riguarda la libertà professionale degli atleti, è pacifico che gli organismi sportivi possono stabilire norme sul movimento e la prestazione di servizi degli sportivi, purché non creino discriminazioni ingiuste o pregiudichino i diritti delle persone. In base alla libertà fondamentale di circolazione, i professionisti e i dilettanti hanno diritto di muoversi liberamente da uno Stato Membro all’altro. Inoltre, le norme che comportano una discriminazione diretta od indiretta, come ad esempio le quote basate sulla nazionalità, non sono ammesse nello sport professionistico. Restrizioni limitate e proporzionate, pur se indirettamente discriminatorie, possono invece giustificare deroghe alle libertà fondamentali, a condizione che abbiano un obiettivo legittimo e siano proporzionate. Queste restrizioni riconoscono le caratteristiche specifiche del settore sportivo ed includono il diritto di selezionare solo gli atleti e i giocatori nazionali affinché rappresentino il loro Paese, la limitazione del numero di partecipanti a una gara, la determinazione di scadenze per i trasferimenti di giocatori negli sport di squadra e regole di compensazione per il reclutamento e la formazione dei giovani giocatori 4 , nonché le norme di associazioni o federazioni sportive che determinano le condizioni di accesso alle competizioni5 . Nella sua recente decisione, la Commissione ha confermato quanto esposto nella comunicazione degli addebiti del 2016, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia, in particolare rilevando che:  le severe sanzioni imposte ai pattinatori di velocità sul ghiaccio per la partecipazione a competizioni non autorizzate sono imposte dall’ISU unilateralmente e con totale discrezionalità, anche se le competizioni non comportano rischi per gli obiettivi legittimi del settore sportivo, quali la protezione dell'integrità e la corretta condotta dello sport, la salute e la sicurezza degli atleti;  tali restrizioni limitano la concorrenza e consentono all'ISU di perseguire i propri interessi commerciali a scapito degli atleti e degli organizzatori di eventi concorrenti. Gli atleti, infatti, non possono partecipare ad eventi concorrenti e possono essere privati di ulteriori fonti di reddito durante la loro carriera di pattinatori professionali che è relativamente breve;  tali restrizioni impediscono inoltre agli organizzatori indipendenti di organizzare gare di pattinaggio di velocità sul ghiaccio, in quanto non riescono, per la medesima ragione, ad attirare alteti di alto livello. Ciò ha limitato lo sviluppo di competizioni alternative e innovative, privando 3 Si veda CGUE 11.04.2000, Cause riunite C-51/96 e C-191/97, Deliège, punti 56-57. 4 Si vedano CGUE 15.12.1995, Causa C-415/93, Bosman; CGUE 11.04.2000, Cause riunite C51/96 e C-191/97, Deliège. 5 Si veda CGUE 11.04.2000, Cause riunite C-51/96 e C-191/97, Deliège, punti 45-48. 5 inoltre gli appassionati (che possono essere consumatori di articoli di merchandising e di servizi audiovisuali) dell’opportunità di seguire altri eventi. Di conseguenza, la Commissione ha concluso che le norme dell'ISU relative alla partecipazione degli atleti ad eventi sportivi violano l'articolo 101 TFUE. A seguito della decisione della Commissione, l’ISU dovrà porre fine alla propria condotta illecita entro 90 giorni, nonché modificare le proprie regole in modo tale da perseguire solo obiettivi legittimi, escludendo quindi gli interessi meramente economici, ed inoltre mantenendo la proporzionalità rispetto al raggiungimento di tali obiettivi. In particolare, l'ISU non dovrà imporre, o minacciare di imporre, sanzioni ingiustificate agli atleti che partecipano a competizioni che non rappresentano un rischio per obiettivi sportivi legittimi. Le eventuali regole per l'autorizzazione di eventi di organizzatori indipendenti dovranno essere basate su criteri obiettivi, trasparenti e non discriminatori.

De Berti Jacchia Franchini Forlani Studio Legale - Roberto A. Jacchia and Sara Capruzzi

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