Con due sentenze pubblicate lo scorso 28 giugno (cause T‑208/13 e T‑216/13) il Tribunale dell’Unione Europea (Tribunale) ha respinto quasi integralmente i ricorsi presentati da Portugal Telecom SGPS SA (PT) e Telefónica SA (Telefónica) avverso la decisione con la quale la Commissione europea (Commissione) aveva inflitto alle ricorrenti ammende per un importo complessivo pari a circa 79 milioni di Euro. Ciò in ragione di una clausola di non concorrenza contenuta nel contratto di acquisto da parte di Telefónica della quota di PT nella joint venture Vivo Participações SA (Vivo), uno dei principali operatori di telecomunicazioni mobili in Brasile. Pur confermando l’invalidità della clausola in parola e la legittimità della sanzione irrogata, il Tribunale ha ritenuto che la Commissione dovrà procedere a un ricalcolo dell’ammenda utilizzando un diverso importo base.
La vicenda prende le mosse dalla conclusione, nel 2010, di un contratto di compravendita di azioni in forza del quale Telefónica ha acquisito il controllo esclusivo di Vivo (precedentemente sottoposta a controllo congiunto di Telefónica e PT). Nel contratto in parola, le parti avevano inserito una clausola di non concorrenza con la quale si impegnavano “…nei limiti consentiti dalla legge, [ad astenersi] dal partecipare o dall’investire, in maniera diretta o mediante proprie controllate, in qualsiasi progetto nel settore delle telecomunicazioni (compresi i servizi di telefonia fissa e mobile, l’accesso a internet e i servizi televisivi ad eccezione delle attività o degli investimenti già realizzati o in corso) che possa essere considerato in concorrenza con l’altro sul mercato iberico…” (traduzione dall’inglese). Tale clausola doveva applicarsi tra il 27 settembre 2010 (data della conclusione definitiva dell’operazione) e il 31 dicembre 2011.
La Commissione ha avuto notizia della clausola in parola (peraltro resa pubblica dalle parti) dall’autorità antitrust spagnola. Ritenendo che il patto di non concorrenza – relativo alla penisola iberica – non potesse considerarsi obiettivamente necessario al perseguimento di un’operazione M&A sul mercato brasiliano e fosse, invece, inquadrabile come un accordo illecito di ripartizione dei mercati, la Commissione ha sanzionato le parti.
Il Tribunale ha pienamente confermato il ragionamento giuridico svolto dalla Commissione, rigettando inter alia l’argomentazione difensiva secondo cui la clausola – in ragione dell’uso della locuzione “nei limiti consentiti dalla legge” – prevedeva in primis un obbligo di autovalutazione circa la legittimità del patto di non concorrenza, e ne subordinava l’eventuale efficacia all’esito positivo di detta autovalutazione. Il Tribunale ha ritenuto che tale obbligo non risultasse adeguatamente provato alla luce della condotta delle parti, le quali non hanno proceduto tempestivamente a detta valutazione, e in ogni caso non ne hanno dato atto nell’accordo finalizzato a sopprimere la clausola (concluso poco dopo l’avvio dell’istruttoria da parte della Commissione). Analogamente, il Tribunale ha ritenuto priva di pregio l’argomentazione secondo cui la responsabilità dell’accordo illecito non poteva essere ascritta alle parti in forza delle pressioni esercitate dal Governo portoghese (detentore di azioni privilegiate in PT) in favore di tale clausola. Il Tribunale ha quindi confermato che la clausola in parola meritasse di essere sanzionata in quanto avente ad oggetto la restrizione della concorrenza, senza che avesse rilievo l’assenza di un qualsivoglia effetto sul mercato.
Ciò detto, il Tribunale ha accolto parzialmente le argomentazioni delle ricorrenti in ordine all’ammontare dell’ammenda. Ha infatti ritenuto che la Commissione dovrà ricalcolarne l’importo in quanto non aveva escluso, ai fini del calcolo, il fatturato relativo ad attività per le quali PT e Telefónica non erano concorrenti potenziali.
La sentenza in commento richiama l’attenzione sulla necessità di prestare la massima cura nella redazione e valutazione antitrust delle clausole di non concorrenza c.d. accessorie ad operazioni di concentrazione, vista la conferma – da parte del Tribunale – dell’approccio estremamente severo della Commissione. Resta da vedere se la sentenza sarà confermata dalla Corte di Giustizia in seguito a un probabile appello.