Negli ultimi tempi, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) si è sempre più spesso confrontata con segnalazioni in merito a casi di prezzi eccessivi dei farmaci. Dopo il coinvolgimento nel caso Avastin/Lucentis[1], nel luglio 2019 l’associazione di consumatori Altroconsumo[2] ha segnalato il prezzo eccessivo del medicinale orfano[3]

Spinraza, chiedendo all’Autorità di avviare un’istruttoria nei confronti della Biogen Inc. (“Biogen”)[4] per accertare un possibile abuso di posizione dominante in violazione dell’articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Non è la prima volta che Biogen finisce sotto un’indagine antitrust. Anche l’associazione di consumatori belga Aankoop/Test Achats si era precedentemente rivolta alla propria all’Autorità nazionale per la concorrenza lamentando il prezzo eccessivo dello Spinraza ed il possibile abuso di posizione dominante da parte della Biogen.

Lo Spinraza è l’unico farmaco al momento disponibile in Italia per la cura dell’atrofia muscolare spinale (Spinal muscular atrophy, SMA)[5]. Sebbene non costituisca una cura definitiva, lo Spinraza è considerato essenziale a motivo della mancanza di alternative terapeutiche, in quanto l’altra terapia nota per l’SMA, lo Zolgensma, prodotto dal gruppo Novartis, è attualmente autorizzato soltanto negli Stati Uniti. In Italia il prezzo ufficiale per una dose di Spinraza è di 70.000 euro. Tale prezzo, tuttavia, non corrisponde a quello effettivamente pagato dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN)[6] ed è bensì il prezzo “ex-factory” di partenza per la negoziazione[7] con l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA)[8]. La spesa del SSN per questo farmaco oscillerebbe, in realtà, tra i 210.000 e i 280.000 euro all’anno per ogni paziente, a seconda delle dosi necessarie[9].

Secondo Altroconsumo, le ragioni dell’eccessività del prezzo dello Spinraza sono da ricondurre alla sua origine. Nello specifico, lo Spinraza non era stato né scoperto né sviluppato dalla Biogen, in quanto il meccanismo d’azione, il target genetico e la sequenza della molecola erano stati messi a punto principalmente dall’Università del Massachusetts (Stati Uniti), mentre le successive sperimentazioni erano state svolte dalla Ionis Pharmaceuticals (“Ionis”). La Biogen si era inserita nel progetto nel 2012, stipulando un accordo di collaborazione con la Ionis al fine di procedere alla sperimentazione del farmaco sull’essere umano a fronte di premi e royalties legati al successo delle fasi di sviluppo clinico, autorizzative e/o commerciali dello Spinraza. Pertanto, l’addebito mosso alla Biogen era di aver sostenuto solo parzialmente i rischi legati della ricerca e dello sviluppo, in quanto il prodotto, dopo anni di valutazioni finanziate con fondi per lo più pubblici, si era già rivelato molto promettente. Per contro, la Biogen sosteneva che il prezzo dello Spinraza corrispondeva alla sua importanza nella cura della SMA, e che l’esclusività commerciale di cui godeva non si traduceva in effetti lesivi della concorrenza[10].

Il caso concerne il prezzo dello Spinraza con particolare riguardo alla sua qualificazione di medicinale orfano. In base al Regolamento 141/2000, i produttori di questo tipo di medicinali possono beneficiare di un’esclusiva di commercializzazione per un periodo di dieci anni[11], estendibile fino a dodici in caso di realizzazione di un piano di indagine pediatrica[12]. La prospettiva di un’esclusiva di mercato per un determinato numero di anni, nel corso dei quali recuperare gli investimenti sostenuti, rappresenta un incentivo per indurre le imprese ad investire nello sviluppo e nella commercializzazione di questi medicinali, di per sé destinati ad una platea di pazienti molto limitata. Allo stesso tempo, tuttavia, l’esclusiva commerciale ottenuta dallo sponsor[13] di un medicinale orfano potrebbe influire negativamente sulla determinazione del relativo prezzo, data l’assenza di medicinali alternativi sul mercato di riferimento ed un contesto sostanzialmente privo di concorrenza.

In Italia il prezzo di un farmaco viene definito attraverso la contrattazione[14] tra l’impresa farmaceutica interessata e l’AIFA. Di conseguenza, qualora si trovi in una posizione dominante, l’impresa potrebbe ricorrere a pratiche negoziali aggressive con l’obiettivo di ottenere un prezzo più elevato. Ciò è quanto si era verificato, ad esempio, nel caso Aspen, un’impresa autorizzata all’immissione in commercio in Italia di quattro farmaci oncologici “maturi”, che era stata sanzionata dall’AGCM nel settembre 2016[15] per aver imposto aumenti di prezzo tra il 300% e 1500% tramite, appunto, una negoziazione aggressiva che consisteva nel minacciare di interrompere la fornitura del farmaco in caso di mancato accordo con l’AIFA[16].

Una posizione dominante nel mercato non è di per sé illegale, ma può diventarlo laddove l’impresa adotti condotte che ostacolino una concorrenza non distorta e che siano di pregiudizio per i consumatori[17]. Nello specifico, la fissazione di prezzi eccessivamente elevati costituisce una violazione delle regole di concorrenza nei casi in cui l’impresa tragga dalla sua posizione dominante vantaggi commerciali che non sarebbe riuscita a procurarsi sulla base dei propri meriti in un contesto di normale concorrenza. Il prezzo di un prodotto è considerato eccessivo se è privo di ogni ragionevole rapporto con il suo valore economico[18]. A tale riguardo, già nel caso United Brands c. Commissione del 1978 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea aveva elaborato un criterio per determinare se un prezzo fosse iniquo, consistente nel confrontare il prezzo di vendita del prodotto ed il suo costo di produzione e nel verificare che non vi sia un’eccessiva sproporzione tra il costo effettivamente sostenuto ed il prezzo effettivamente richiesto[19]. In altri casi, la Corte ha impiegato metodi diversi, confrontando il prezzo praticato per il prodotto in questione da parte dell’impresa dominante con quelli praticati nello stesso mercato da imprese non dominanti[20], oppure i prezzi praticati dalla stessa impresa in posizione dominante in diversi periodi[21], o ancora in altri mercati geografici[22].

L’abuso da sfruttamento per prezzi eccessivi è un fenomeno che nei mercati farmaceutici tende a presentarsi con sempre maggiore frequenza. Secondo la Commissione[23], nonostante i significativi contributi per migliorare la concorrenza sui prezzi e scoraggiare le possibili violazioni, l'applicazione delle norme in materia resta complementare all'azione legislativa e normativa. Pertanto, è necessario che le autorità nazionali continuino a vigilare affinché, in sede di fissazione del prezzo di un medicinale, le imprese non presentino proposte eccessivamente onerose ed economicamente ingiustificate. Queste ultime, a loro volta, avranno il compito di valutare con maggiore attenzione l’impatto delle proprie strategie di mercato sui concorrenti e sui consumatori sia a livello nazionale che comunitario.