In data 15 luglio 2019, il Consiglio di Stato si è pronunciato sull’appello proposto dalla F. Hoffmann-La Roche Ltd (“Roche”), dalla Roche S.p.a. (“Roche Italia”), dalla Novartis A.G. e dalla Novartis Farma s.p.a. (“Novartis”) contro la sentenza del Tar del Lazio che aveva confermato il provvedimento con il quale l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) aveva sanzionato i gruppi Roche e Novartis per aver posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza nel mercato dei farmaci per la cura di gravi patologie vascolari della vista.
La Genentech Inc. (“Genentech”), società soggetta al controllo esclusivo del gruppo Roche, aveva sviluppato i farmaci Avastin e Lucentis per la cura delle patologie oculari, affidando il primo alla Roche ed il secondo alla Novartis affinché li registrassero e li commercializzassero nel resto del mondo. Pur avendo entrambi ricevuto l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC) da parte dell’Agenzia Europea per i Medicinali (European Medicines Agency, EMA), i due farmaci erano stati lanciati sul mercato a distanza di un paio di anni l’uno dall’altro, periodo nel quale l’Avastin era stato utilizzato, oltre che su pazienti affetti da patologie oncologiche, anche per curare la patologia oftalmica Age-related Macular Degeneration (AMD), per la quale però non era stato autorizzato. Di conseguenza, anche dopo l’approvazione e l’immissione in commercio del Lucentis, in ambito oftalmico aveva continuato a diffondersi l’utilizzo off-label1 dell’Avastin, meno caro rispetto al primo.
In data 27 febbraio 2014, a seguito di una complessa istruttoria, l’AGCM aveva sanzionato2 la Roche e la Novartis per aver posto in essere una violazione dell’articolo 101 TFUE realizzando un’intesa orizzontale restrittiva della concorrenza. In particolare le due imprese, nonostante l’Avastin ed il Lucentis fossero ambedue utilizzabili in ambito oftalmico, avevano artificiosamente differenziato i due prodotti, riducendo la domanda del prodotto meno costoso, l’Avastin, a favore di quello più costoso e concorrente, il Lucentis. Avverso la sanzione amministrativa pecuniaria loro inflitta, la Roche e la Novartis avevano impugnato il provvedimento dinanzi al Tar del Lazio, che aveva respinto i ricorsi3.
Di conseguenza, le società avevano proposto appello al Consiglio di Stato, il quale aveva sospeso il procedimento ex art. 267 TFUE e sottoposto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea una serie di questioni pregiudiziali di interpretazione del diritto europeo4. In data 23 gennaio 2018, la Corte di Giustizia si era pronunciata nel giudizio pregiudiziale (Causa C-179/16), statuendo che, a determinate condizioni, un’autorità nazionale di concorrenza poteva includere nel mercato rilevante per la determinazione dell’infrazione non soltanto i medicinali autorizzati per il trattamento delle patologie di cui trattasi, ma anche un altro medicinale che, pur non autorizzato per tale trattamento, fosse utilizzato a tal fine off-label, presentando quindi un rapporto concreto di sostituibilità con i primi. Inoltre, la Corte di Giustizia aveva statuito che l’intesa tra due imprese che commercializzano due medicinali concorrenti avente ad oggetto la diffusione di informazioni ingannevoli sugli effetti collaterali dell’uso di uno di tali medicinali per il trattamento di patologie non coperte dall’AIC di quest’ultimo con un costo minore, al fine di ridurre la pressione concorrenziale derivante da tale uso su quello dell’altro medicinale più costoso, costituisse una restrizione della concorrenza per oggetto5.
Riassunta la causa dinanzi al giudice nazionale, dopo aver ripercorso l’evoluzione della disciplina normativa in tema di impiego di medicinali off-label6 e del relativo procedimento amministrativo7, il Consiglio di Stato ha esaminato le censure sollevate dalle parti.
Innanzitutto, le società appellanti avevano sostenuto come l’intesa in esame non potesse neppure astrattamente configurarsi come restrittiva della concorrenza. Secondo la normativa all’epoca vigente8, infatti, i farmaci Lucentis e Avastin non concorrevano per le medesime indicazioni terapeutiche, poiché era vietato alla Roche di promuovere l’Avastin per la cura di affezioni vascolari oculari in assenza di un’AIC per tali indicazioni. Inoltre, la Novartis aveva sviluppato e commercializzato il Lucentis in Italia in virtù della licenza conseguita ed in base ad un rapporto di
cooperazione e non di concorrenza orizzontale con la Roche. Pertanto, sostenendo la piena sostituibilità tra l’Avastin ed il Lucentis per le terapie oftalmiche in questione e l’esistenza di una differenziazione artificiosa tra i due farmaci, l’AGCM era incorsa in errore.
Il Consiglio di Stato ha preliminarmente ribadito la definizione di mercato del prodotto rilevante. Dal punto di vista merceologico, esso comprende tutti i prodotti e/o i servizi che in base alle loro caratteristiche, ai loro prezzi e all’uso al quale sono destinati sono considerati intercambiabili o sostituibili dal consumatore9. Dal punto di vista geografico, invece, il mercato rilevante comprende l’area nella quale le imprese forniscono o acquistano prodotti o servizi ed in cui le condizioni di concorrenza sono sufficientemente omogenee e tali da poterla distinguere dalle zone geografiche contigue10. Pertanto, una concorrenza effettiva tra i prodotti o servizi che fanno parte del mercato presuppone un loro sufficiente grado di intercambiabilità per lo stesso uso11, da valutare in relazione non soltanto alle caratteristiche oggettive dei prodotti e dei servizi, ma anche alle condizioni di concorrenza e alla struttura della domanda e dell’offerta nel mercato12.
Nel caso concreto il Lucentis e l’Avastin, entrambi autorizzati con la procedura centralizzata prevista dal Regolamento 726/200413, differivano non soltanto dal punto di vista strutturale e farmacologico, ma anche con riguardo al confezionamento ed al prezzo unitario14. In merito alla possibilità di includere nello stesso mercato un farmaco utilizzato secondo le indicazioni autorizzate della AIC ed un farmaco utilizzato off-label per la cura della medesima patologia, e di tenere conto della conformità di tale uso secondo la normativa farmaceutica dell’Unione, la Corte di Giustizia aveva ritenuto15 che non si potessero considerare sostituibili o interscambiabili i farmaci fabbricati o venduti in modo illecito, secondo quanto disposto dall’articolo 6 della Direttiva 2001/8316. Tuttavia, la normativa dell’Unione non vieta né la prescrizione di un medicinale off-label né il suo riconfezionamento ai fini di tale uso, subordinandoli piuttosto al rispetto di alcune condizioni. Pertanto, le operazioni di riconfezionamento dell’Avastin non necessitavano né di un’AIC né di un’autorizzazione di fabbricazione17.
In merito al riconfezionamento, la Corte di Giustizia si era pronunciata anche nella Causa C-29/1718. Nel giugno 2014, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) aveva inserito l’impiego off-label dell’Avastin nell’elenco dei medicinali erogabili a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), stabilendo che il riconfezionamento dell’Avastin doveva essere effettuato da farmacie autorizzate e che i pazienti ai quali gli ospedali somministravano il medicinale così riconfezionato dovevano ricevere informazioni adeguate, inclusa quella sull’esistenza di alternative terapeutiche. Contro la decisione dell’AIFA, la Novartis aveva presentato ricorso al Tar del Lazio, che lo aveva rigettato, e poi appello al Consiglio di Stato, che aveva sospeso il procedimento e si era rivolto alla Corte di Giustizia. Rispondendo alle questioni pregiudiziali ivi sollevate, la Corte di Giustizia aveva giudicato conforme al diritto europeo la presa in carico da parte del Servizio Sanitario Nazionale dell’utilizzo off-label dell’Avastin19.
Nella Causa C-179/16, la Corte di Giustizia aveva altresì statuito che il mercato rilevante ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del TFUE includeva tutti i medicinali utilizzabili per le stesse indicazioni terapeutiche20. Di conseguenza, secondo il Consiglio di Stato nella propria recente sentenza, il fatto che l’Avastin venisse prescritto per il trattamento di malattie oftalmiche, anche se tali indicazioni non erano ricomprese nella AIC di riferimento, aveva determinato un’effettiva sostituibilità con il Lucentis. Pertanto, non essendo l’impiego off-label dell’Avastin vietato, e non essendo del pari vietata o preclusa l’attività di riconfezionamento del prodotto, l’ACGM non aveva errato nel giudizio di sostituibilità e riconduzione al medesimo mercato degli usi off-label dell’Avastin e di quelli on label.
Per quanto riguarda l’accordo di licenza tra la Genentech e la Novartis e la possibilità di ravvisare tra le appellanti un’intesa restrittiva per quel riguardo, il Consiglio di Stato ha preliminarmente ricordato come gli accordi verticali21 rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 101 TFUE qualora siano in grado di pregiudicare il commercio tra gli Stati Membri e impediscano, restringano o falsino il gioco della concorrenza22. Per accertare se una restrizione possa sottrarsi al divieto sancito dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE in quanto accessoria ad un’operazione principale priva di carattere anticoncorrenziale, occorre appurare se la realizzazione di tale operazione sarebbe stata impossibile in mancanza della restrizione. L’intesa contestata, tuttavia, non essendo riconducibile all’accordo di licenza esistente tra la Genentech e la Novartis, non è sottratta all’applicazione dell’articolo 101 TFUE. La divulgazione di informazioni asseritamente ingannevoli sugli effetti collaterali negativi dell’Avastin in caso di somministrazione per il trattamento di patologie oftalmiche, infatti, non era intesa a limitare l’autonomia commerciale delle parti dell’accordo di licenza relativo al Lucentis, e bensì i comportamenti degli operatori sanitari, per far sì che gli usi dell’Avastin per quel tipo di trattamento cessassero di ripercuotersi su quelli di quest’ultimo. Tale comportamento non era oggettivamente necessario all’attuazione dell’accordo di licenza, in quanto non ne costituiva oggetto ed era stato pattuito diversi anni dopo la conclusione di quest’ultimo al fine di frapporre ostacoli alla sostituibilità creatasi tra gli impieghi dell’Avastin e quelli del Lucentis per il trattamento delle patologie oftalmiche23.
Un’ulteriore censura delle appellanti riguardava la tesi dell’AGCM secondo cui, concertando per manipolare la percezione dei rischi connessi all’uso non autorizzato dell’Avastin, esse avevano differenziato artificiosamente farmaci equivalenti, e dunque sostituibili, sotto il profilo dell’efficacia e della sicurezza. Il Consiglio di Stato ha ricordato come, alla luce della normativa24 e della giurisprudenza europea25, spetti all’Autorità di concorrenza non solo fornire la prova delle infrazioni all’art. 101 TFUE che essa constata, ma anche produrre gli elementi idonei a dimostrare l’esistenza dei fatti che integrano l’infrazione. A tale scopo, la prova della pratica concordata, oltre che documentale, può anche essere indiziaria, purché vi siano indizi gravi, precisi e concordanti26.
Nel caso concreto, gli elementi di prova raccolti dimostravano come la Roche e la Novartis operassero di concerto nel porre in essere una strategia anticompetitiva atta ad enfatizzare i rischi derivanti dall’uso del meno costoso Avastin a fronte della maggior sicurezza del Lucentis27. Inoltre, le società non avevano fornito alcuna spiegazione lecita circa le loro condotte. Pertanto, sulla base della considerazione che il fatto che due imprese titolari di prodotti farmaceutici concorrenti si concertino per diffondere informazioni specificamente riferite al prodotto commercializzato da una sola di esse era indice del perseguimento di obiettivi estranei alla farmacovigilanza, il Consiglio di Stato ha statuito che tale comportamento poteva qualificarsi come restrizione della concorrenza per oggetto, in quanto idonea a tradursi in un’illecita ripartizione del mercato.
Quanto alla supposta estraneità delle società madri dei gruppi Roche e Novartis rispetto alle condotte illecite in discussione, il Consiglio di Stato ha ritenuto queste ultime riconducibili sia alle società madri che alle loro filiali. Il Collegio, in particolare, ha richiamato la giurisprudenza della Corte di Giustizia secondo cui il comportamento della controllata è imputabile alla società controllante qualora, pur avendo personalità giuridica distinta, la prima non determini in modo autonomo la sua linea di condotta sul mercato28, e secondo cui qualora una società controllante detenga la totalità o la quasi totalità del capitale della sua controllata si presume che essa eserciti effettivamente un’influenza determinante nei confronti di quest’ultima29. Nel caso concreto, secondo il Consiglio di Stato tale presunzione ricorreva per il fatto che le consociate di un medesimo gruppo, benché formalmente autonome e indipendenti, avevano dimostrato di essere tra loro intimamente coordinate e soggette a direzione unitaria.
Infine, le società appellanti avevano contestato le modalità di computo e la dimensione particolarmente elevata della sanzione, calcolata nella misura di € 61.005.636 per la Roche e di € 61.352.500 per la Novartis prendendo in considerazione i fatturati realizzati nel mercato italiano dei farmaci destinati alla cura delle patologie oculari30. In merito, il Consiglio di Stato ha ritenuto innanzitutto corretto il numero di anni di durata dell’infrazione, calcolato a partire dal giugno 2011, data di avvio della procedura dinnanzi all’EMA, fino al 27 febbraio 2014, data di chiusura del procedimento. Inoltre, il Consiglio di Stato ha ritenuto l’ammontare della sanzione proporzionato alla luce degli Orientamenti della Commissione per il calcolo delle ammende31 e della necessità di tenere conto della gravità dell’infrazione e della finalità deterrente pro futuro.
Pertanto, il Consiglio di Stato ha respinto gli appelli proposti dalla Roche e dalla Novartis, confermando il provvedimento sanzionatorio dell’ACGM anche nel relativo ammontare.
Per maggiori informazioni sulla vicenda Avastin/Lucentis, si vedano i nostri precedenti contributi intitolati “La vicenda Avastin/Lucentis prossima all’epilogo. Un’infrazione antitrust che potrebbe trovarsi senza oggetto”32 e “Continua la saga Avastin/Lucentis. L’Avvocato Generale Saugmandsgaard Øe si esprime in favore dell’ammissibilità per il diritto dell’Unione del rimborso a carico del Servizio Sanitario Nazionale dell’utilizzo off-label dell’Avastin”33.