Con riguardo al reato di aggiotaggio (art. 2637 c.c.), occorre segnalare la portata innovativa della recente sentenza della Corte di Cassazione n. 3307 del 18 dicembre 2013 in materia di efficacia dei modelli organizzativi adottati ai sensi dell’art. 6 D. Lgs. 231/2001.

La vicenda riguarda la società Impregilo S.p.A. (ora Salini Impregilo S.p.A.) che nel 2010 la Corte d’Appello di Milano, con sentenza n. 2415,  aveva assolto dagli illeciti di cui agli artt. 25 ter lett. a) e r), 5, 44 D.Lgs. 231/2001, in merito ai reati di aggiotaggio ascritti al Presidente del Consiglio di Amministrazione e all’Amministratore Delegato per aver diffuso notizie false idonee ad alterare il valore delle azioni/obbligazioni emesse dalle società del gruppo. 

Il giudizio di Appello confermava la sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di primo grado a favore della società Impregilo S.p.A.  ritenendo adeguato il Modello di organizzazione e gestione adottato della Società e ravvisando, nella condotta dei soggetti apicali, un’elusione fraudolenta del medesimo Modello, concretantesi, in sostanza, nel mancato rispetto delle procedure previste per la formazione dei comunicati stampa. Nel caso concreto, il Presidente e l’Amministratore delegato avevano modificato il contenuto delle versioni non definitive dei comunicati elaborate dai soggetti competenti, aggirando di fatto il Modello nella parte in cui richiedeva la loro partecipazione alla formazione di documenti delicati.

Il procuratore generale della Corte di Appello di Milano ha tuttavia presentato ricorso contro tale sentenza (n. 2415/2010). Nell’accogliere il ricorso, la Suprema Corte di Cassazione ha ribaltato la sentenza della Corte d’Appello di Milano, disponendo il rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo esame della controversia.

Partendo dall’assunto che le notizie false diffuse dagli imputati erano idonee ad alterare il valore delle azioni ed obbligazioni sul mercato, configurandosi pertanto gli estremi del delitto di aggiotaggio, la Corte di Cassazione ha rilevato che gli imputati non avevano eluso fraudolentemente il Modello, come richiesto dalla normativa ai fini dell’esenzione da responsabilità ex D. Lgs. 231/2001. Ha viceversa stabilito che il Modello organizzativo adottato dalla Società Impregilo S.p.A. non risultava di fatto idoneo a prevenire il reato, consentendo la redazione dei comunicati stampa da parte del Presidente e dell’Amministratore delegato in totale autonomia e senza alcuna verifica ed alcun concreto controllo da parte di soggetti terzi. Di fatto il Modello non risultava quindi idoneo a prevenire la commissione del reato di aggiotaggio, circostanza che andava quindi valutata negativamente ai fini dell’applicazione delle esimenti prevista dalla norma.

Per la Corte di Cassazione il Modello organizzativo di Impregilo, pur comprendendo correttamente il reato di aggiotaggio tra i reati che avrebbe dovuto impedire, non si era quindi rivelato efficace ai fini della sua portata esimente della responsabilità dell’Ente, in quanto avrebbe dovuto prevedere controlli effettivi ed ulteriori sui comunicati stampa, prima della loro diffusione. 

Pur essendo stato nominato un Organismo di Vigilanza, lo stesso risultava costituito da un organo monocratico alle dirette dipendenze del Presidente, che oltre ad essere evidentemente sottodimensionato relativamente alle necessità di una Società delle dimensioni di Impregilo, era totalmente privo di quelle caratteristiche di autonomia ed indipendenza previste a vantaggio dell’Organismo di Vigilanza nell’esercizio delle proprie funzioni.  E’ evidente che per esimere la società dalla responsabilità ex. D.Lgs. 231/2001 non è sufficiente l’istituzione di una funzione di vigilanza, ma è necessario che questa funzione sia adeguata al compito che deve svolgere e non sia subordinata al soggetto o ai soggetti controllati, per fare in modo che il controllo sia effettivo e non meramente pleonastico  La medesima Corte di Cassazione in tal senso chiarisce che “se all’organo di controllo non fosse nemmeno concesso esprimere una dissenting opinion sul “prodotto finito” è evidente che il modello organizzato non possa ritenersi atto a impedire la consumazione di un tipico reato di comunicazione, qual è l’aggiotaggio”.

La Corte chiarisce inoltre, riprendendo quanto sostenuto dal procuratore generale, che affinché l’esimente ai sensi dell’art. 6 D.Lgs possa operare, occorre che il Modello organizzativo sia stato eluso fraudolentemente, e specifica che eludere fraudolentemente un Modello significa porre in essere una condotta “ingannevole, falsificatrice, obliqua, subdola per aggirare i protocolli comportamentali in esso contenuti. Una mera violazione di quanto risulta scritto nel Modello organizzativo non può essere considerata un’elusione fraudolenta dello stesso.

Nel caso specifico il ruolo previsto dal Modello per l’Organismo di Vigilanza avrebbe dovuto essere più attivo, contemplando da parte dello stesso un controllo sulla bozza definitiva del comunicato stampa, onde evitare di rendere il Modello di fatto inidoneo alla prevenzione del reato di cui trattasi.

La stessa Sentenza non tralascia di sottolineare la necessità che la bozza di comunicato elaborata dal Presidente e dall’Amministratore Delegato venisse comunicata all’organo di controllo prima della sua diramazione all’esterno. In mancanza di un’esplicita previsione nel Modello in tal senso, chiarisce la Corte “il controllo previsto dall’art. 6 si ridurrebbe a un mero simulacro, in quanto esso si eserciterebbe sul comunicato in fieri , ma non sulla versione definitiva”.

La Sentenza è fortemente innovativa, e lascia spazio a due ordini di considerazioni. Da un lato  ribadisce la necessità che i Modelli Organizzativi siano, nella pratica delle dinamiche aziendali, attuabili e soprattutto attuati. Dall’altro lato sembra aprire nuovi scenari sulla funzione dell’Organismo di Vigilanza che nell’espletare la propria funzione di “vigilare sul funzionamento, sull’osservanza e sull’aggiornamento dei modelli organizzativi” (art. 6 D.Lgs.231/2001 comma 1 lettera b), sembra ora chiamato ad un’attività ulteriore, che si estrinseca, nell’esercizio dei propri “autonomi poteri di iniziativa e controllo”, in una partecipazione attiva dell’organo di controllo nell’impedire la realizzazione del reato.

Tale incisivo intervento dell’organo di controllo nelle dinamiche aziendali sembra tuttavia esulare dalla lettera della legge con il rischio di potersi risolvere in evidenti ingerenze/sindacati di merito con riferimento alle scelte operate dalla Società. Questi spunti di riflessione, sebbene condizionati a quella che sarà la nuova pronuncia della Corte d’Appello nel riesame della causa,  meritano quindi un approfondimento sia con riferimento alle effettive intenzioni del legislatore circa il potere/dovere dell’organo di controllo, sia per le conseguenze di non poco conto che questo “nuovo” ed “esteso” modo dell’Organo di Vigilanza di rapportarsi alle scelte operate dalla Società potrebbe avere sull’operatività, la continuità e l’ordinaria attività aziendale.