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L’Unione Europea ed il fenomeno migratorio. Quadro internazionale e politiche di sostegno per lo sviluppo del continente africano e dei Paesi vicini

De Berti Jacchia Franchini Forlani Studio Legale

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European Union September 4 2020

 1. Introduzione Il fenomeno sociale della migrazione quale movimento di individui e collettività da un’area geografica ad un’altra, influenzato dai più diversi fattori e cause, ha caratterizzato il corso della storia sin dall’antichità. Con l’inizio del XXI secolo ed in particolare a seguito delle protratte instabilità del teatro geopolitico mediorientale e del Sahel e, più vicino a noi, in Siria ed in Libia1 , il continente europeo è stato sottoposto ad una eccezionale pressione migratoria, che per la sua portata e rapidità hanno colto l’Unione impreparata, materialmente e giuridicamente. A livello mondiale, si contano più di 271.6 milioni di migranti, di cui 82.3 milioni soltanto in Europa2 . Le fragilità politiche ed economiche dei Paesi meno sviluppati creano a loro volta instabilità regionali e flussi migratori incontrollati, compromettendo la sicurezza globale ed ostacolando lo sviluppo sostenibile, la crescita 1 La crisi siriana ha avuto inizio nel 2011 con dimostrazioni pubbliche contro il governo centrale sulla scia della primavera araba, per poi svilupparsi in una guerra civile, tuttora in corso. La crisi in Libia si distingue in due fasi: la prima guerra civile, tra febbraio e ottobre 2011, che ha visto opposte le forze di Mu’ammar Gheddafi (massima autorità della Libia per 42 anni) e quelle dei rivoltosi, riunite nel Consiglio nazionale di transizione; la seconda guerra civile ha avuto inizio nel 2014 e vede tuttora contrapposte due coalizioni e due governi rivali supportati da distinte potenze straniere con ambizioni di espansione delle rispettive aree di influenza energetica. 2 Per ulteriori informazioni, si veda il seguente LINK. 3 L’articolo 21 TUE, al paragrafo 1, dispone: “… L'azione dell'Unione sulla scena internazionale si fonda sui principi che ne hanno informato la creazione, lo sviluppo e l'allargamento e che essa si prefigge di promuovere nel resto del mondo: democrazia, Stato di diritto, universalità e indivisibilità dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, rispetto della dignità umana, principi di uguaglianza e di solidarietà e rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale. L'Unione si adopera per sviluppare relazioni e istituire partenariati con i paesi terzi e con le organizzazioni internazionali, regionali o mondiali, che condividono i principi di cui al primo comma. Essa promuove soluzioni multilaterali ai problemi comuni, in particolare nell'ambito delle Nazioni Unite…”. 4 L’articolo 4 TFUE, al paragrafo 4, dispone: “… Nei settori della cooperazione allo sviluppo e dell'aiuto umanitario, l'Unione ha competenza per condurre azioni e una politica comune, senza che l'esercizio di tale competenza possa avere per effetto di impedire agli Stati membri di esercitare la loro…”. 5 L’articolo 208 TFUE dispone: “… 1. La politica dell'Unione nel settore della cooperazione allo sviluppo è condotta nel quadro dei principi e obiettivi dell'azione esterna dell'Unione. La politica di cooperazione allo sviluppo dell'Unione e quella degli Stati membri si completano e si rafforzano reciprocamente. L'obiettivo principale della politica dell'Unione in questo settore è la riduzione e, a termine, l'eliminazione della povertà. L'Unione tiene conto degli obiettivi della cooperazione allo sviluppo nell'attuazione delle politiche che possono avere incidenze sui paesi in via di sviluppo. 2. L'Unione e gli Stati membri rispettano gli impegni e tengono conto degli obiettivi riconosciuti nel quadro delle Nazioni Unite e delle altre organizzazioni internazionali competenti…”. economica e la pace. La comunità internazionale e l’Unione Europea elaborano e attuano numerosi interventi volti ad affrontare situazioni umanitarie, di sicurezza e di sviluppo a medio e lungo periodo. Nel corso degli anni, l'Unione Europea ha sostenuto numerosi Paesi in via di sviluppo nei loro sforzi per estirpare la povertà e creare un futuro migliore per le loro popolazioni, mettendo a disposizione finanziamenti e mezzi, conoscenze specialistiche, formazione e strumenti culturali attenti ai diritti umani, ed a migliori pratiche di governance e risoluzione dei conflitti. La politica di sviluppo dell’Unione trae fondamento dall’articolo 21, paragrafo 1 del Trattato sull’Unione Europea (TUE)3 , dall’articolo 4, paragrafo 4 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE)4 , dalla parte quinta, titolo III del TFUE che prevede come obiettivo principale la riduzione e lo sradicamento della povertà5 e dagli accordi specifici di 3 www.dejalex.com cooperazione a norma dall’articolo 217 TFUE6 . La realizzazione degli obiettivi è affidata a strumenti finanziari mirati alla protezione sociale, all’istruzione, al lavoro, alla sanità, allo sviluppo economico, e all’energia e all’agricoltura sostenibile. Il Fondo europeo di sviluppo (FES) è il principale strumento per la cooperazione allo sviluppo con gli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (c.d. ACP)7 e con i Paesi e territori d'oltremare (c.d. PTOM)8 . Finanziato dagli Stati Membri e diretto da un comitato ad hoc, il FES è scorporato dal bilancio comune dell'Unione e dispone di mezzi e regole finanziarie propri. Il FES viene strutturato per periodi pluriennali e segue i cicli degli accordi e delle convenzioni di partenariato9 . Nonostante le politiche istituzionali dell’Unione siano animate dalle migliori intenzioni, in considerazione dell’aumento esponenziale del numero dei migranti che negli ultimi anni hanno varcato i confini europei, la loro inadeguatezza è una realtà e la strada da percorrere è tuttavia ancora molto lunga. Da un lato, il raggiungimento degli obiettivi è minacciato dall’instabilità geopolitica e sociale di numerosi Paesi 6 L’articolo 217 TFUE dispone: “… L'Unione può concludere con uno o più paesi terzi o organizzazioni internazionali accordi che istituiscono un'associazione caratterizzata da diritti ed obblighi reciproci, da azioni in comune e da procedure particolari…”. 7 Il Gruppo degli stati ACP, istituito dalla Convenzione di Lomé del 1975 e confermato dalla Convenzione di Cotonou del 2000, è un'organizzazione internazionale formata da 79 Paesi in via di sviluppo partecipanti al sistema di partenariato e cooperazione con l'Unione Europea. 8 I PTOM sono dipendenze e territori d’oltremare degli Stati Membri dell’Unione, come ad esempio Polinesia francese, Groenlandia, Isole Cayman e Aruba. 9 La prima convenzione di partenariato, la Convenzione di Yaoundé, è stata conclusa nel 1964. Ad essa sono seguite la Convenzione di Lomé e poi l’Accordo di Cotonou. Le relazioni dell’Unione con gli Stati dell’ACP si basano sull’Accordo di Cotonou, adottato nel 2000. Considerato l’accordo di partenariato più completo tra 79 paesi in via di sviluppo e l’Unione, essi promuove la riduzione e l’eliminazione definitiva della povertà e l’integrazione progressiva nell’economia mondiale basandosi su tre pilastri: cooperazione allo sviluppo, cooperazione economica e commerciale e dimensione politica. 10 L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni definisce la migrazione come lo “spostamento di una o più persone, sia attraverso una frontiera internazionale (migrazione internazionale), sia all’interno di uno Stato (migrazione interna), per più di un anno, indipendentemente dalle cause, volontarie o involontarie, e dai mezzi, regolari o irregolari, usati per la migrazione”. Rete Europea Migrazioni (EMN), Glossario sull’asilo e la migrazione del 2012. Il documento è disponibile al seguente LINK. 11 Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati del 1951 è entrata in vigore il 22 aprile 1954 ed era inizialmente limitata alla protezione dei rifugiati europei prima del 1° gennaio 1951. Il Protocollo relativo allo status dei rifugiati del 1967 ha rimosso la limitazione geografica e temporale, lasciando tuttavia la libertà agli Stati firmatari di dichiarare quella che per loro era da considerarsi l'estensione geografica. africani e, dall’altro lato, risente in modo cospicuo delle lacune del quadro normativo europeo in tema di migrazione e asilo. Nel prosieguo di questa analisi si cercherà di individuare i soggetti coinvolti nei processi migratori, il complesso quadro giuridico internazionale di riferimento, le responsabilità, le politiche e gli strumenti con i quali l’Unione affronta questo fenomeno. 2. L’evoluzione del quadro normativo internazionale ed europeo L’analisi del fenomeno migratorio dell’epoca contemporanea10 dal punto di vista del diritto internazionale prende le mosse dalla Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, c.d. Convenzione di Ginevra del 195111, che trova la sua base normativa nell’Articolo 14 della Dichiarazione Universale dei Diritti 4 www.dejalex.com Umani12 . Si tratta di un trattato multilaterale delle Nazioni Unite13 che definisce la nozione di rifugiato14 e delinea i diritti fondamentali dei singoli che richiedono ed hanno ottenuto l'asilo e le responsabilità degli Stati che lo garantiscono. Di centrale importanza è il principio di non-respingimento, consacrato nell’articolo 33 della Convenzione15, che enuncia il diritto del rifugiato alla protezione dal rimpatrio forzato (c.d. obbligo di non-refoulement). Peraltro, la Convenzione non contiene norme di carattere procedurale circa l’ammissione al territorio statuale del richiedente o la procedura di esame della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato16 . In base alla Convenzione ed i suoi Protocolli, non è imposto agli Stati contraenti un obbligo positivo di 12 L’articolo 14 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10.12.1948, dispone: “… Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l'individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite…”. 13 L’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), nata il 25.10.1945, è un’organizzazione intergovernativa a carattere internazionale, che ha come scopo la risoluzione pacifica delle controversie internazionali, di mantenere la pace e promuovere il rispetto per i diritti umani. 14 L’articolo 1 A della Convenzione di Ginevra dispone: “… Ai fini della presente Convenzione, il termine di «rifugiato» è applicabile: a chiunque sia stato considerato come rifugiato in applicazione degli accordi del 12 maggio 1926 e del 30 giugno 1928, oppure in applicazione delle convenzioni del 28 ottobre 1933 e del 10 febbraio 1938 e del protocollo del 14 settembre 1939, o infine in applicazione della Costituzione dell’Organizzazione internazionale per i rifugiati (…); a chiunque, per causa di avvenimenti anteriori al 1° gennaio 1951 e nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; oppure a chiunque, essendo apolide e trovandosi fuori dei suo Stato di domicilio in seguito a tali avvenimenti, non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi…”. 15 L’articolo 33 della Convenzione dispone: “… Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche. La presente disposizione non può tuttavia essere fatta valere da un rifugiato se per motivi seri egli debba essere considerato un pericolo per la sicurezza del paese in cui risiede oppure costituisca, a causa di una condanna definitiva per un crimine o un delitto particolarmente grave, una minaccia per la collettività di detto paese…”. 16 Lo status di rifugiato è il riconoscimento ufficiale da parte di uno Stato di un soggetto che soddisfi i requisiti posti dalla Convenzione di Ginevra. 17 CHERUBINI, L’asilo dalla Convenzione di Ginevra al diritto dell’Unione Europea, 2012, Cacucci. Disponibile al seguente LINK. 18 La stampa e l’opinione pubblica ha iniziato ad utilizzare le espressioni "crisi europea dei migranti" e "crisi europea dei rifugiati" quando nel Mediterraneo centro-meridionale affondarono cinque imbarcazioni che trasportavano quasi 2.000 migranti. 19 Per ulteriori informazioni, si veda il seguente LINK. riconoscere ad un determinato individuo lo status di rifugiato, anche se è vietato allontanare un rifugiato verso un Paese a rischio, nel quale la sua vita e la su libertà verrebbero minacciate per i motivi elencati nell’articolo 33 della Convenzione17 . A livello europeo, la politica migratoria ha subito una trasformazione importante con la crisi del 201518 , determinata da instabilità geopolitiche in Medio Oriente e Africa, che ha segnato l’incremento incessante degli spostamenti di numeri sempre maggiori di persone verso l’Unione. Nel 2018 sono stati 2,4 milioni gli immigrati verso l'Unione Europea da Paesi terzi e ad inizio 2019 la popolazione di origine straniera nell’Unione contava 21,8 milioni19. In Italia, nel 2019, il numero dei migranti contava 5.3 milioni, mezzo milione in più 5 www.dejalex.com in confronto al 201520. A seguito del picco di richieste di asilo registrato nel 201521, l’Unione ha attuato misure più incisive di controllo delle frontiere esterne e dei flussi migratori, che ha determinato una forte riduzione degli arrivi irregolari22 . Tuttavia, il dovere di assistenza a determinate categorie di individui è regolamentato a livello internazionale e regionale, e sin dal 1999 l’Unione Europea ha messo in cantiere degli strumenti comuni. Il Sistema europeo comune di asilo (Common European Asylum System, CEAS)23 è un quadro normativo basato sui principi della Convenzione di Ginevra, che stabilisce norme comuni, sia sostanziali che procedurali, in materia di protezione internazionale secondo criteri condivisi e politiche armonizzate. Il CEAS agevola l’accesso alla procedura di asilo, permette di prendere decisioni più rapide e di maggiore qualità, e garantisce che chiunque tema persecuzioni, una volta all’interno del territorio dell’Unione, non venga costretto a fare ritorno in situazioni di pericolo. 20 Per ulteriori informazioni, si veda il seguente LINK. 21 Nel 2015 si contavano nell’Unione 1.326.701 rifugiati e 1.321.600 richiedenti asilo. Per ulteriori informazioni, si veda il seguente LINK. 22 Per ulteriori informazioni, si veda il seguente LINK. 23 Per ulteriori informazioni, si veda il seguente LINK. 24 Decisione 2000/596/CE del Consiglio, del 28 settembre 2000, che istituisce il Fondo europeo per i rifugiati, GUUE L 252 del 6.10.2000. 25 Direttiva 2001/55/CE del Consiglio, del 20 luglio 2001, sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell'equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell'accoglienza degli stessi, GUUE L 212 del 7.8.2001. 26 Le Nazioni Unite, nella Risoluzione 61 (I) dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 15.12.1946, sui rifugiati e sfollati (Refugees and Displaced Persons), definiscono sfollato una persona che, a seguito a degli interventi delle autorità, è stata espulsa o costretta a lasciare il proprio paese di cittadinanza o di residenza abituale, come ad esempio le persone che sono state costrette a svolgere lavori forzati o che sono state espulse per motivi razziali, religiosi o politici. 27 Com. Comm., COM (2007) 301 final del 6.6.2007, Libro verde sul futuro regime comune europeo in materia di asilo. 28 Com. Comm., COM (2008) 360 final del 17.6.2008, Piano strategico sull'asilo, un approccio integrato in materia di protezione nell'Unione Europea. 29 Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, GUUE L 180 del 29.6.2013. 30 Regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 , che istituisce l'«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato Tra il 1999 e il 2005 sono state adottate diverse misure legislative specifiche di armonizzazione e di solidarietà finanziaria, tra cui la creazione del Fondo Europeo per i Rifugiati del 200024, a sostegno di programmi e azioni promossi dagli Stati Membri per l’integrazione delle persone il cui soggiorno è di natura stabile e durevole. Inoltre, la Direttiva sulla protezione temporanea del 200125 ha consentito una risposta comune unionale ad afflussi massicci di sfollati26 che non potevano tornare nel loro Paese d'origine. Il Libro verde del 200727, che costituisce la base del Piano strategico sull’asilo del 200828, delinea i tre pilastri posti alla base del CEAS: maggiore armonizzazione degli standard di protezione attraverso l’allineamento delle normative nazionali sull'asilo, cooperazione pratica effettiva e sostenuta, e maggiore solidarietà e responsabilità tra gli Stati Membri e tra l'Unione e i Paesi terzi. Costituiscono i principali strumenti legislativi del CEAS: il diritto primario dell’Unione, il Regolamento c.d. Dublino III del 201329, il Regolamento Eurodac sempre del 201330 e le direttive sulla 6 www.dejalex.com protezione internazionale del 2001, del 2011 e del 201331. Inoltre, rilevano nella politica di asilo, in quanto strettamente collegati, anche alcuni strumenti che fanno parte della politica comune dell’immigrazione, tra cui la Direttiva sul ricongiungimento familiare del 200332, la Direttiva sui soggiornanti di lungo periodo del 200333 e la Direttiva sui rimpatri del 200834 . 3. Il Regolamento Dublino III Il Regolamento di Dublino del 2013, successore attuale di diritto unionale membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto, e che modifica il regolamento (UE) n. 1077/2011 che istituisce un'agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, GUUE L 180 del 29.6.2013. 31 Direttiva 2001/55/CE del Consiglio, del 20 luglio 2001, sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell'equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell'accoglienza degli stessi GUUE L 212 del 7.8.2001; Direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta, GUUE L 337 del 20.12.2011; Direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, GUUE L 180 del 29.6.2013; Direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale GUUE L 180 del 29.6.2013. 32 Direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare, GUUE L 251 del 3.10.2003. 33 Direttiva 2003/109/CE del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, GUUE L 16 del 23.1.2004 e Direttiva 2011/51/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2011, che modifica la direttiva 2003/109/CE del Consiglio per estenderne l’ambito di applicazione ai beneficiari di protezione internazionale, GUUE L 132 del 19.5.2011. 34 Direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, GUUE L 348 del 24.12.2008. 35 Il sistema di Dublino (costituito dal Regolamento di Dublino II e dal Regolamento Eurodac) fu istituito dalla omonima Convenzione sulla determinazione dello stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli stati Membri delle Comunità Europee (Convenzione di Dublino), firmata a Dublino (Irlanda) il 15 giugno 1990. Si tratta di un trattato internazionale multilaterale a cui fanno parte gli Stati Membri e l’Islanda, il Liechtenstein, la Norvegia e la Svizzera. Nel 2003 fu adottato il Regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo, GUUE L 50 del 25.2.2003 (Regolamento di Dublino II), che sostituì la Convenzione di Dublino in tutti gli Stati Membri, ed è il predecessore del Regolamento di Dublino III. 36 L’articolo 2 del Regolamento di Dublino, alla lettera c), definisce il richiedente asilo come segue: “… il cittadino di un paese terzo o l’apolide che abbia manifestato la volontà di chiedere la protezione internazionale sulla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva…”. secondario della Convenzione di Dublino del 199035, svolge un ruolo chiave nella regolamentazione del diritto di asilo, stabilendo i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato Membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati Membri da un cittadino di un Paese terzo o da un apolide, nel sistema della Convenzione di Ginevra. Il principio centrale è quello della responsabilità dell’esame della domanda di asilo, che incombe sullo Stato Membro in cui il richiedente36 ha fatto il proprio ingresso. Il Regolamento mira ad impedire che i richiedenti asilo presentino 7 www.dejalex.com domande in più Stati Membri (asylum shopping) ed a ridurre il numero dei richiedenti c.d. in orbita, la cui responsabilità viene “rimbalzata” da uno Stato Membro ad un altro. Ha inoltre introdotto procedure più efficaci e più rispettose dei principi dello Stato di diritto, tra cui la possibilità di fare ricorso contro un ordine di trasferimento, ed ha migliorato il sistema dei ricongiungimenti e le forme di maggior tutela dei minori. In questo contesto si inserisce la banca dati europea Eurodac, in cui vengono registrati i dati e le impronte digitali di chiunque attraversi irregolarmente le frontiere di uno Stato Membro o presenti richiesta di protezione internazionale, consentendo di identificare lo Stato Membro di primo ingresso. Nel caso in cui non sia stata effettuata l’identificazione, può essere sufficiente un titolo di trasporto o la prova dell’acquisto di un servizio per attestare l’ingresso nel territorio di un determinato Stato Membro, anche in assenza di formale richiesta di asilo. Con il picco migratorio del 2015, gli squilibri tra le situazioni degli Stati Membri più esposti alle frontiere esterne dell’Unione rispetto agli altri nella gestione e negli oneri dell’accoglienza dei profughi37 hanno reso necessaria una riforma della normativa in tema di asilo. Nel 2016, la Commissione aveva presentato una proposta38 di riforma di ampio respiro che prevedeva il superamento dei criteri stabiliti dal Regolamento di Dublino e sostituiva il principio del primo Paese d’arrivo con un 37 Diversamente dal termine rifugiato, che offre significato legale ben preciso a cui sono legate misure di protezione stabilite dal diritto internazionale, il termine profugo è usato per definire genericamente chi si è allontanato dal Paese di origine per persecuzioni o in ragione di guerra. 38 COM/2016/0270 final del 4.5.2016, Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di paese terzo o da un apolide (rifusione). 39 Per ulteriori informazioni, si veda il seguente LINK. 40 Nel 2016 la Commissione ha presentato sette proposte di riforma del sistema europeo comune di asilo, tra cui del Regolamento qualifiche, della Direttiva accoglienza, del Regolamento sull'Agenzia europea per l'asilo, del Regolamento Eurodac e del Regolamento sul quadro dell'Unione per il reinsediamento. 41 Com. Comm., COM (2018) 798 final del 4.12.2018, Gestire la migrazione sotto tutti gli aspetti: progressi compiuti nel quadro dell’Agenda europea sulla migrazione. meccanismo permanente e predeterminato di ricollocamento dei richiedenti asilo secondo un sistema di quote a cui avrebbero dovuto partecipare tutti gli Stati Membri. La proposta non era tuttavia stata approvata. Nel Consiglio Europeo del 28-29 giugno 201839 è stato infine raggiunto un accordo minimo sulla gestione dei flussi migratori che prevede il ricollocamento dei migranti tra gli Stati Membri su base volontaria, lasciando aperta ed impregiudicata la riforma di Dublino. In tale occasione, il Consiglio ha altresì affrontato a livello politico la riforma del CEAS, sottolineando la necessità di trovare un consenso sulle sorti del Regolamento di Dublino sulla base di un maggiore equilibrio tra responsabilità e solidarietà. Nel 2016 la Commissione Europea si è espressa in senso positivo sullo stato di avanzamento della riforma del CEAS40 . Le proposte sono in fase di negoziazione con il Parlamento, e sussistono ancora divergenze sull’adozione di una procedura unica e armonizzata di asilo. Per quanto concerne il Regolamento di Dublino, permangono criticità significative a livello di Stati Membri, nonostante la forte azione politica della Commissione41 . 4. Le frontiere esterne dell’Unione e le linee di tendenza degli ingressi illegali Gli Stati Membri che confinano con un Paese terzo detengono la responsabilità esclusiva del controllo delle frontiere 8 www.dejalex.com esterne dell’Unione42, che in concomitanza con la crisi migratoria, ha via via assunto importanza crescente. Con il Regolamento 2016/162443 è stata istituita l’Agenzia Europea della Guardia di Frontiera e Costiera (Frontex44), che ha sostituito la precedente Agenzia europea per la gestione delle frontiere esterne degli Stati Membri45 e mira ad armonizzare i controlli alle frontiere in tutto il territorio dell’Unione, assistendo i Paesi facenti parte all’Area Schengen46 nella loro gestione. Più particolarmente, all’Agenzia è affidata la gestione dell'attraversamento delle frontiere esterne e delle sfide migratorie, contribuendo nel contempo alla lotta contro i crimini transfrontalieri. Essa amministra le risorse messe a disposizione in comune dalle autorità nazionali (in quanto non dispone di attrezzature o guardie di frontiera proprie), offre assistenza tecnica aggiuntiva agli Stati Membri sottoposti a pressioni migratorie e coordina l'invio di attrezzature tecniche e di personale di frontiera. 42 Il controllo delle frontiere, sia interne che esterne all’Unione, è disciplinato dal Regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen), GUUE L 77 del 23.3.2016. 43 Il Regolamento (UE) 2016/1624 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 settembre 2016, relativo alla guardia di frontiera e costiera europea che modifica il regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga il regolamento (CE) n. 863/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, il regolamento (CE) n. 2007/2004 del Consiglio e la decisione 2005/267/CE del Consiglio, GUUE L 251 del 16.9.2016. 44 Frontex è una denominazione informale nata dalla contrazione francese di Frontières extérieures (frontiere estere). 45 L’Agenzia Europea per la gestione delle frontiere esterne degli Stati Membri dell’Unione Europea, attiva dal 1° maggio 2005 fino al 6 ottobre 2016, era un'agenzia europea per il coordinamento del pattugliamento delle frontiere esterne, aeree marittime e terrestri degli Stati Membri e l'attuazione degli accordi con i Paesi confinanti con l'Unione, poi confluita nella Guardia di frontiera e costiera europea. Tale modifica ha attribuito all’ente il rango di agenzia europea, potenziando il coordinamento tra il livello nazionale e sovranazionale. 46 Lo Spazio Schengen, chiamato anche Area o Zona Schengen, è un’area che comprende 22 Stati Membri, Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein che hanno abolito i controlli sulle persone alle frontiere comuni, idealmente sostituite da un’unica frontiera esterna comune, che corrisponde ad un territorio che garantisce la libera circolazione delle persone. 47 Abbreviazione dell’inglese European Police Office, l’Europol è l’agenzia europea finalizzata alla lotta al crimine nell’Unione. Divenuta operativa dal 1° luglio 1999, l’agenzia ha come priorità l’agevolazione dello scambio di informazioni, la raccolta e l’analisi delle informazioni e delle segnalazioni, la comunicazione ai servizi competenti degli Stati Membri delle informazioni che li riguardano, facilitare le indagini negli Stati Membri e gestire raccolte informatizzate di informazioni. Per ulteriori informazioni, si veda il seguente LINK. L’Agenzia valuta i rischi per la sicurezza delle frontiere attraverso un quadro di modelli e linee di tendenza in materia di migrazione irregolare e di crimine transfrontaliero. Essa effettua inoltre valutazioni annuali della vulnerabilità, ossia delle capacità di risposta e della preparazione di ciascuno Stato Membro e Paese Schengen ad affrontare le pressioni migratorie. Le informazioni raccolte alle frontiere, ivi comprese quelle relative alle persone sospettate di coinvolgimento in attività criminali quali il traffico di migranti, la tratta di esseri umani ed il terrorismo internazionale, oltre ad essere utilizzate per la pianificazione di attività future, vengono condivise con le autorità nazionali, con Europol47 e con altre agenzie europee. Tuttavia, è nelle operazioni di rimpatrio delle persone che non hanno diritto di rimanere nell’Unione che Frontex svolge un ruolo di crescente importanza, assistendo gli Stati Membri anche nel coordinamento logistico e nel finanziamento. A tal fine, l’Agenzia può noleggiare voli charter e prenotare passaggi su voli commerciali, facilita l’ottenimento dei documenti di viaggio 9 www.dejalex.com necessari per i rimpatriandi e mette a disposizione esperti sul campo per l’esecuzione delle relative operazioni. Pur avendo rafforzato la missione e la struttura dell’Agenzia, il Regolamento 2016/1624 ha lasciato in sospeso diverse questioni a livello nazionale ed europeo, con riferimento al quadro strategico, al rispetto dei diritti fondamentali ed al reperimento delle risorse umane e finanziarie. Nell’aprile 2019, il Parlamento Europeo ha approvato il Regolamento 2019/189648, che introduce forme di concreta integrazione dei livelli di amministrazione sovranazionale e nazionale, moduli di interazione, scambi di informazioni e responsabilità condivise tra l’Agenzia e le autorità degli Stati Membri, che mantengono la responsabilità primaria della gestione delle loro sezioni di frontiera esterna. Il nuovo regolamento sostituisce altresì il Regolamento 1052/201349 sull’Eurosur, la rete di comunicazione utilizzata per gli scambi di informazioni tra Frontex e gli Stati Membri. Frontex individua otto principali rotte migratorie: la rotta dell'Africa occidentale, la rotta del Mediterraneo occidentale, la rotta del Mediterraneo centrale, la rotta Albania/Grecia, la rotta balcanica occidentale, la rotta del Mediterraneo orientale, la rotta dei i confini terrestri orientali dell’Unione e la rotta del Mar Nero50 . Secondo i più recenti dati Frontex disponibili51, nel 2018, il numero di attraversamenti illegali rilevati ha raggiunto il livello più basso degli ultimi cinque anni, ma la pressione migratoria è rimasta relativamente alta alle frontiere esterne dell'Unione. Più particolarmente, la cifra totale è scesa del 27% rispetto all'anno precedente e del 92% al di sotto dell’apice rilevato durante la crisi del 48 Regolamento (UE) 2019/1896 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2019, relativo alla guardia di frontiera e costiera europea e che abroga i regolamenti (UE) n. 1052/2013 e (UE) 2016/1624, GUUE L 295 del 14.11.2019. 49 Regolamento (UE) n. 1052/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, che istituisce il sistema europeo di sorveglianza delle frontiere (Eurosur), GUUE L 295 del 6.11.2013. 50 Per ulteriori informazioni, si veda il seguente LINK. 51 Per ulteriori informazioni, si veda il seguente LINK. 2015. La riduzione è attribuibile in gran parte al drastico calo del numero di migranti sulla rotta del Mediterraneo centrale, dove il numero di rilevamenti è sceso dell'80%. Al contempo, sia nella rotta del Mediterraneo occidentale che in quella del Mediterraneo orientale è stato rilevato un aumento di attraversamenti illegali. Negli ultimi anni è aumentata la pressione sulla Spagna e il numero di rilevamenti nel 2018 ha raggiunto il doppio rispetto al 2017, facendo della rotta del Mediterraneo occidentale la più utilizzata per gli ingressi illegali in Europa. Nonostante la maggior parte dei migranti che hanno optato per questa rotta provengono dai Paesi subsahariani, nel 2018 si è registrato un aumento significativo di ingressi di cittadini marocchini. Nel Mediterraneo orientale si è registrato un numero di rilevamenti leggermente inferiore rispetto alla rotta del Mediterraneo occidentale. Tuttavia, l’incremento registrato (34% rispetto all'anno precedente) è causato dell'aumento dei passaggi via terra dalla Turchia verso la Grecia. Se questo è il quadro attuale dei dati migratori all’ingresso nell’Unione, occorrerà ora considerare la situazione dei flussi di partenza, che strutturalmente si collocano in larga misura in Africa. 5. Il sostegno internazionale ed europeo allo sviluppo in Africa La cooperazione internazionale a sostegno del continente africano ha avuto inizio nella seconda metà dello scorso secolo. Ancora nel 1958, il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (United Nations Economic and Social Council, 10 www.dejalex.com ECOSOC52) aveva istituito la Commissione Economica per l’Africa (ECA), una delle cinque commissioni regionali53 dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), con lo scopo di promuovere lo sviluppo economico e sociale degli Stati membri, favorire l'integrazione interregionale e promuovere la cooperazione internazionale per lo sviluppo dell'Africa. Il ruolo dell'ECA è duplice, come braccio regionale dell'ONU e come elemento specifico del panorama istituzionale regionale africano. Le sue attribuzioni sono orizzontali a livello regionale e subregionale, con la missione di raccogliere, gestire ed utilizzare al meglio le risorse destinate all'Africa. Nel 1966, l’ONU ha istituito il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (United Nations Development Programme, UNDP)54, un’organizzazione specializzata che opera sotto il controllo dell’ECOSOC con la funzione di agenzia centrale di finanziamento e coordinamento delle attività di cooperazione allo sviluppo. L’UNDP opera in Africa attraverso il Centro regionale di servizi per l'Africa (Regional Service Centre for Africa), che sviluppa conoscenze e politiche di alta qualità ed è l'interlocutore principale degli organismi regionali e continentali come l'Unione 52 L’ECOSOC è uno dei sei organi principali delle Nazioni Unite ed è responsabile per relazioni e le questioni internazionali economiche, sociali, culturali, educative e sanitarie, e di coordinamento dell'attività economica e sociale delle Nazioni Unite e delle varie organizzazioni ad esse collegate. 53 Le altre quattro commissioni sono la Commissione economica e sociale per l’Asia e il Pacifico (ESCAP), la Commissione economica e sociale per l’Asia Occidentale (ESCWA), la Commissione economica per l’America Latina e Caraibi (ECLAC) e la Commissione economica per l’Europa (UN/ECE). 54 L’UNDP nasce dalla fusione del Programma ampliato di assistenza tecnica e del fondo speciale dell’ONU. Il primo era stato istituito dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per promuovere il progresso economico dei Paesi sottosviluppati. Il secondo era stato istituito come fondo speciale separato dell’ONU destinato a finanziare studi preliminari (sulle possibilità economiche di un Paese o di un settore economico e sulle risorse naturali e l'attrezzatura tecnica) in vista della valutazione delle domande di finanziamento presentate dagli Stati membri. 55 L’Unione Africana è un’organizzazione internazionale comprendente tutti i 55 Stati africani con sede ad Addis Abeba, in Etiopia. 56 Per ulteriori informazioni, si veda il seguente LINK. 57 Il Consenso di Monterrey è il risultato della Conferenza Internazionale sul finanziamento dello sviluppo, tenutasi il 18-22 marzo 2002 a Monterrey (Mexico), in cui hanno partecipato oltre cinquanta capi di Stato e duecento Ministri delle Finanze, degli Affari esteri, sviluppo e commercio, il segretario generale dell’ONU, il direttore del Fondo Monetario Internazionale (FMI), il presidente della Banca Mondiale ed il direttore generale dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), rappresentanti di importanti imprese ed altri stakeholder. Il Consenso è stato aggiornato nel 2008 a Doha (Qatar) e nel 2015 in Addis Ababa (Etiopia). Il documento è consultabile al seguente LINK. Africana55 e le Comunità economiche regionali. Nella struttura dell’Unione Africana è inserita dal 2018 anche la Nuova associazione per lo sviluppo dell'Africa (New Partnership for Africa’s Development, NEPAD)56 , l’organizzazione strategica per lo sviluppo socio-economico panafricano. Nel 2002, i capi di Stato e di governo hanno adottato il c.d. Consenso di Monterrey (Monterrey Consensus) 57 sul finanziamento per lo sviluppo, una tappa storica della cooperazione internazionale. Il documento abbraccia sei aree specifiche: la mobilitazione delle risorse finanziarie nazionali per lo sviluppo, la mobilitazione delle risorse internazionali per lo sviluppo attraverso investimenti diretti ed altri flussi privati, la valorizzazione del commercio internazionale come motore di sviluppo, l’aumento della cooperazione finanziaria e tecnica internazionale per lo sviluppo, la gestione del debito estero, ed infine, il reindirizzamento delle questioni sistemiche, tra cui il rafforzamento della coerenza dei sistemi monetari, finanziari e commerciali. Per raggiungere questi obiettivi i Paesi donatori si sono impegnati ad assegnare lo 0,7% del proprio prodotto interno lordo (PIL) all’Aiuto pubblico allo sviluppo 11 www.dejalex.com (APS)58. Alla conferenza sono stati assunti nuovi impegni di aiuto allo sviluppo, in particolare, da parte degli Stati Uniti e dell'Unione Europea. In particolare, l’Unione contribuisce ad oltre 50% dell’APS su scala mondiale59. Con il Consenso di Monterrey, la comunità internazionale ha riaffermato l’impegno a raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (OMS)60, che sono: eliminare la povertà estrema e la fame, raggiungere l’istruzione elementare universale, promuovere l’uguaglianza fra i generi, diminuire la mortalità infantile, migliorare la salute materna, combattere l’HIV/AIDS, la malaria e altre malattie endemiche e gravi, assicurare la sostenibilità ambientale e sviluppare una collaborazione globale per lo sviluppo. L’assistenza dell’Unione ai Paesi ACP si basa sul consenso europeo in materia di sviluppo adottato nel 200561. Si tratta di una visione condivisa di principi, valori e obiettivi che guida le politiche dell’Unione a sostegno della lotta alla povertà in linea con gli OSM, sia a livello dei singoli Stati Membri sia a livello unionale. Gli impegni assunti hanno consentito alla Commissione Europea di introdurre 58 Per Aiuto pubblico allo sviluppo (APS) si intendono i contributi prevalentemente di tipo economico, forniti a comunità o Paesi per conseguire un obiettivo di sviluppo, aspirando a creare crescita economica sostenibile di lungo termine. 59 Com. Com., COM (2004) 150 del 5.3.2004, Messa in pratica del consenso di Monterrey: il contributo dell'Unione Europea. 60 Gli obiettivi di sviluppo del millennio (Millennium Development Goals, MDG) sono stati prefissati nella Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite del 20.9.2000 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. 61 Dichiarazione comune del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione sulla politica di sviluppo dell'Unione Europea: Il consenso europeo, GUUE C 46 del 24.2.2006 62 Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sui contratti relativi agli obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM) (2008/2128(INI), GUUE C 117E del 6.5.2010. 63 Com. Comm., COM (2009) 296 final del 30.6.2009, Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo - Relazione annuale 2009 sulle politiche comunitarie in materia di sviluppo e assistenza esterna e sulla loro attuazione nel 2008. 64 Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite A/RES/70/1 del 25.9.2015, Transforming our world: the 2030 Agenda for Sustainable Development. 65 Il consenso è stato firmato il 7.6.2017 dal Presidente del Parlamento europeo, dal primo ministro di Malta a nome del Consiglio dell'Unione Europea e degli Stati Membri, dal presidente della Commissione e dall'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza/vicepresidente della Commissione. Per ulteriori informazioni, si veda il seguente LINK. 66 Gli SDG, che sono anche conosciuti come Agenda 2030, costituiscono una serie di 17 obiettivi concordati dall’ONU per sostituire gli OMS portati a termine nel 2015. La differenza con gli OMS è che il quadro degli SDG non fa distinzione tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo. I 17 obiettivi sono: povertà zero, fame zero, buona salute e benessere per le persone, educazione paritaria e di qualità, parità di genere, acqua pulita e servizi igienico-sanitari, energia pulita e accessibile, lavoro approcci innovativi come i contratti relativi agli OMS62 che, rivolti a Paesi che hanno ottenuto buoni risultati ed hanno una dimostrata esperienza di attuazione del sostegno di bilancio, offrono una modalità di aiuto al bilancio generale a lungo termine. Approvati inizialmente per sette Stati ACP (Burkina Faso, Ghana, Mali, Mozambico, Ruanda, Uganda e Zambia), i contratti OSM rappresentano oltre il 40% del sostegno di bilancio generale programmato nel decimo FES63 del 2009. Nel settembre 2015, l’Unione ha partecipato attivamente all’elaborazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile (Agenda 2030)64 , che fa seguito agli OSM e che stabilisce un nuovo quadro di riferimento globale per l’eliminazione della povertà e lo sviluppo sostenibile, con 17 obiettivi economici, sociali, ambientali e di governance da conseguire entro il 2030. In seguito, l’Unione ha concordato una versione riveduta65 del Consenso del 2005, che definisce i principi di base degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals, SDG)66 ed una strategia per il loro 12 www.dejalex.com raggiungimento, che orienterà le politiche di sviluppo dell'Unione e degli Stati Membri nei prossimi 15 anni. L’assistenza allo sviluppo viene fornita attraverso l’approccio progettuale e attraverso l’aiuto di bilancio. L’approccio progettuale è utilizzato per sostenere iniziative specifiche che hanno una scadenza, un obiettivo determinato ed un budget fisso. L’aiuto di bilancio, invece, viene attuato mediante il trasferimento di fondi direttamente al bilancio nazionale di un Paese partner sulla base di indicatori di performance concordati. L’ammissibilità a quest’ultima forma di sostegno è subordinata al rispetto di criteri rigorosi. La Commissione utilizza in modo più ampio l’aiuto di bilancio, ritenendo questo strumento più idoneo a coinvolgere maggiormente i sistemi nazionali e la partecipazione diretta dei governi riceventi l’aiuto, accrescendone la responsabilità democratica. Sono diversi gli strumenti finanziari dell’Unione destinati all’azione esterna. Il FES, come già accennato, rappresenta il veicolo principale degli aiuti europei a sostegno dei Paesi e dei territori in via di sviluppo per promuovere lo sviluppo economico, sociale e umano, oltre che la cooperazione regionale. I fondi sono assegnati attraverso una programmazione c.d. evolutiva che vede i Paesi partner partecipare alla dignitoso e crescita economica, industria/innovazione e infrastruttura, ridurre le diseguaglianze, città e comunità sostenibili, consumo e produzione responsabile, cambiamenti climatici, vita sott’acqua, vita sulla terra, pace/giustizia e istituzioni forti, partnership per gli obiettivi. 67 Regolamento (UE) 2018/1877 del Consiglio, del 26 novembre 2018, recante il regolamento finanziario per l'11° Fondo europeo di sviluppo e che abroga il regolamento (UE) 2015/323, GUUE L 307 del 3.12.2018. Ciascun FES viene concluso per un periodo di diversi anni. Dalla conclusione della prima convenzione di partenariato nel 1964, i cicli del FES seguono, in generale, quelli degli accordi/convenzioni di partenariato: 1° FES 1959-1964; 2° FES 1964-1970 (Convenzione di Yaoundé I); 3° FES 1970-1975 (Convenzione di Yaoundé II); 4° FES 1975-1980 (Convenzione di Lomé I); 5° FES 1980-1985 (Convenzione di Lomé II); 6° FES 1985-1990 (Convenzione di Lomé III); 7° FES 1990-1995 (Convenzione di Lomé IV); 8° FES 1995-2000 (Convenzione di Lomé IV e sua revisione IV bis); 9° FES 2000-2007 (Accordo di Cotonou); 10° FES 2008-2013 (Accordo di Cotonou riveduto); 11° FES 2014-2020 (Accordo di Cotonou riveduto). 68 La Banca europea per gli investimenti o BEI (European Investment Bank, EIB) è l'istituzione finanziaria dell'Unione Europea creata nel 1957, e ufficialmente fondata nell'anno seguente, con il Trattato di Roma, per il finanziamento degli investimenti atti a sostenere gli obiettivi politici dell'Unione. Tali obiettivi sono: lo sviluppo regionale, le reti trans-europee di trasporto, lo sviluppo delle telecomunicazioni e del settore dell’energia, la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione, lo sviluppo e la protezione dell’ambiente ed infine la salute e l’istruzione. definizione delle priorità e dei progetti di cooperazione. Attualmente è in vigore l’11° FES67, che copre il periodo 2014- 2020 e dispone di una dotazione di 30,5 miliardi di euro, mentre altri 2,6 miliardi di euro sono messi a disposizione dalla Banca Europea per gli Investimenti68 sotto forma di prestiti. La programmazione efficace del FES coinvolge una molteplicità di soggetti, vale a dire, la Commissione Europea, il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), i 27 Stati Membri dell'Unione, il Parlamento Europeo, i 74 governi del gruppo degli Stati ACP e gli attori nazionali responsabili. Il FES non forma parte del bilancio generale dell’Unione, è finanziato con i contributi degli Stati Membri, ha regole finanziarie proprie ed è controllato da un comitato ad hoc di Stati Membri. Oltre al FES, il bilancio generale dell’Unione fornisce aiuti mediante una serie di strumenti suddivisi per collocazione geografica e tematica. Lo Strumento di Cooperazione allo Sviluppo (Development Cooperation Instrument, DCI) è una delle principali fonti di finanziamento per lo sviluppo nell'ambito del bilancio dell'Unione e comprende la cooperazione allo sviluppo con l'America Latina, alcuni Paesi del Medio Oriente, l'Africa del Sud e l'Asia centrale, orientale, meridionale e sudorientale. Il DCI prevede due programmi tematici che 13 www.dejalex.com riguardano tutti i Paesi in via di sviluppo: il programma su Beni pubblici e sfide globali (Global Public Goods and Challenges, GPGC) 69 e il programma Organizzazioni della società civile e autorità locali (Civil Society OrganisationLocal Authorities, CSO-LA)70. Una delle più importanti novità del DCI per il periodo 2014-2020 è l'introduzione del principio di differenziazione71, che esclude i Paesi a reddito medio dagli interventi bilaterali dell'Unione sotto forma di sovvenzioni, pur mantenendo la copertura degli interventi di cooperazione regionale e tematica. Lo Strumento europeo per la promozione della democrazia e dei diritti umani (European Instrument for Democracy and Human 69 Regolamento n. 233/2014 del Parlamento europeo e del consiglio dell'11 marzo 2014 che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo per il periodo 2014-2020, GUUE L 77 del 15.3.2014. L’articolo 7 del Regolamento n. 233/2014 dispone: “… L'obiettivo dell'assistenza dell'Unione nell'ambito del programma Beni pubblici e sfide globali è sostenere azioni in settori da trarre da: a) ambiente e cambiamenti climatici; b) energia sostenibile; c) sviluppo umano, compresi lavoro dignitoso, giustizia sociale e cultura; d) sicurezza alimentare e nutrizionale e agricoltura sostenibile, nonché e) migrazione e asilo. Ulteriori dettagli sui settori di cooperazione di cui al paragrafo 1 figurano nella parte A dell'allegato II...”. 70 L’articolo 8 del Regolamento 233/2014 dispone: “… Obiettivo dell'assistenza dell'Unione nell'ambito del programma «Organizzazioni della società civile e autorità locali» è consolidare le organizzazioni della società civile e le autorità locali nei paesi partner e, ove previsto dal presente regolamento, nell'Unione e nei beneficiari ammissibili ai sensi del regolamento (UE) n. 231/2014. Le azioni da finanziare sono realizzate in primo luogo dalle organizzazioni della società civile e dalle autorità locali. Ove opportuno, al fine di garantirne l'efficacia, tali azioni possono essere realizzate da altri attori a vantaggio delle organizzazioni della società civile e delle autorità locali interessate. Ulteriori dettagli sui settori di cooperazione di cui al presente articolo figurano nella parte B dell'allegato II…”. 71 L’articolo 3 del Regolamento 233/2014, al paragrafo 2, dispone: “… Nel dare esecuzione al presente regolamento è adottato un approccio differenziato tra i paesi partner atto a garantire una cooperazione specifica e su misura che tenga conto, per ciascun paese: a) delle proprie esigenze, sulla base di criteri quali la popolazione, il reddito pro capite, l'estensione della povertà, la ripartizione del reddito e il livello di sviluppo umano; b) della propria capacità di generare risorse finanziarie e di accedervi e della capacità di assorbimento; c) dei propri impegni e delle prestazioni, sulla base di criteri e indicatori quali i progressi a livello politico, economico e sociale, la parità di genere, i progressi in materia di buon governo e diritti umani, e l'assorbimento efficace dell'aiuto, in particolare il modo in cui un paese sfrutta risorse limitate ai fini dello sviluppo, cominciando dalle proprie; e d) l'impatto potenziale dell'assistenza dell'Unione nei paesi partner. Il processo di assegnazione delle risorse dà priorità ai paesi più bisognosi, in particolare quelli meno sviluppati, quelli a basso reddito e quelli in situazioni di crisi, post crisi, fragilità e vulnerabilità. Si tiene conto di criteri quali l'indice di sviluppo umano, l'indice di vulnerabilità economica e altri indici pertinenti, anche per misurare la povertà e la disuguaglianza interne, al fine di sostenere l'analisi e l'individuazione dei paesi più bisognosi…”. 72 Regolamento (UE) n. 230/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento inteso a contribuire alla stabilità e alla pace, GUUE L 77 del 15.3.2014 Rights, EIDHR) fornisce, invece, sostegno e protezione agli attori della società civile che promuovono i diritti umani e la democrazia. Per l’approvazione di tale strumento non è necessario il consenso del governo del Paese in cui opera il beneficiario. Lo Strumento inteso a contribuire alla stabilità e alla pace (IcSP)72 si focalizza infine sulla risposta alle crisi, sulla prevenzione dei conflitti, sulle attività di pacificazione e preparazione alle crisi future e su come affrontare le minacce alla sicurezza globale e transregionale. 14 www.dejalex.com a) L’ Accordo di Cotonou I rapporti tra l’Unione Europea e gli Stati africani in particolare sono disciplinati dall’Accordo di Cotonou e dalla Strategia comune Africa-Unione. Il primo, c.d. Partenariato ACP-UE73, è il quadro generale delle relazioni dell’Unione con gli Stati ACP. L’Accordo è finalizzato a ridurre ed eliminare la 73 Il primo accordo concluso, che ha sostituito la Convenzione di Lomé del 1975, è l’Accordo di partenariato 2000/483/CE tra i membri del gruppo degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall’altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000, GUUE L 317 del 15.12.2000, che è poi stato modificato dalla Decisione (UE) 2017/435 del Consiglio del 28 febbraio 2017 relativa alla conclusione dell'accordo che modifica per la seconda volta l'accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000, modificato per la prima volta a Lussemburgo il 25 giugno 2005, GUUE L 67 del 14.3.2017. 74 L’articolo 13 dell’’Accordo di Cotonou, intitolato “Migrazione”, dispone: “… 1. La questione delle migrazioni è oggetto di un profondo dialogo nel quadro del partenariato ACP-UE. Le parti riaffermano gli obblighi e gli impegni assunti nell'ambito del diritto internazionale in materia di rispetto dei diritti umani ed eliminazione di tutte le forme di discriminazione basate in particolare sull'origine, il sesso, la razza, la lingua e la religione. 2. Le parti concordano nel ritenere che, in tema di migrazioni, il partenariato comporti un trattamento equo dei cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente sui loro territori, l'attuazione di politiche d'integrazione intese a riconoscere loro diritti e doveri paragonabili a quelli dei propri cittadini, a favorire la non discriminazione nella vita economica, sociale e culturale e a prendere misure contro il razzismo e la xenofobia. 3. Ciascuno Stato membro dell'Unione europea accorda ai cittadini dei paesi ACP che lavorano legalmente sul suo territorio un trattamento privo di qualsiasi discriminazione basata sulla nazionalità per quanto riguarda le condizioni di lavoro, di trattamento economico e di licenziamento. Ciascuno Stato ACP accorda, da parte sua, a questo proposito un trattamento non discriminatorio equivalente ai lavoratori che sono cittadini di uno Stato membro. 4. Le parti reputano che le strategie volte a ridurre la povertà, migliorare le condizioni di vita e di lavoro, creare occupazione e migliorare la formazione contribuiscano sul lungo periodo a normalizzare le correnti migratorie. Nel quadro delle strategie di sviluppo e dei programmi nazionali e regionali, le parti tengono conto delle difficoltà strutturali all'origine delle correnti migratorie al fine di sostenere lo sviluppo economico e sociale delle regioni d'origine dei migranti e di ridurre la povertà. La Comunità sostiene, attraverso programmi di cooperazione nazionali e regionali, la formazione di cittadini dei paesi ACP nel proprio paese d'origine, in un altro paese ACP o in uno Stato membro dell'Unione europea. Nel caso la formazione sia impartita in uno Stato membro, le parti assicurano che l'azione di formazione sia funzionale all'integrazione professionale dei cittadini ACP nei propri paesi d'origine. Le parti elaborano programmi di cooperazione per agevolare l'accesso all'istruzione degli studenti degli Stati ACP, in particolare ricorrendo alle nuove tecnologie della comunicazione. 5. a) Nel quadro del dialogo politico, il Consiglio dei ministri esamina i problemi posti dall'immigrazione illegale in vista, all'occorrenza, di definire una politica di prevenzione. b) A questo proposito le parti convengono in particolare di garantire che qualsiasi procedura di rimpatrio degli immigrati illegali nei rispettivi paesi d'origine rispetti i diritti e la dignità delle persone interessate. Le autorità competenti mettono a disposizione di queste persone le strutture amministrative necessarie al loro rimpatrio. c) Le parti convengono inoltre che: i) - ciascuno Stato membro dell'Unione europea accetta il rimpatrio dei propri cittadini presenti illegalmente sul territorio di uno Stato ACP e li riammette sul proprio territorio su richiesta di detto Stato e senza ulteriori formalità; povertà, nonché contribuire all’integrazione progressiva degli Stati ACP nell’economia mondiale, e si basa su tre pilastri: cooperazione allo sviluppo, cooperazione economica e commerciale, e dimensione politica. Per quanto riguarda il fenomeno migratorio, il quadro della cooperazione è definito dall’articolo 13 dell’Accordo di Cotonou74, il quale comprende misure di 15 www.dejalex.com miglioramento della situazione dei Paesi di origine e di transito, misure sulla migrazione legale e misure di rimpatrio degli immigrati irregolari. In tale contesto, oltre alle iniziative sostenute attraverso il FES, l’Unione ha negoziato una serie di accordi di partenariato economico (Economic Partnership Agreement, APE) con i singoli Stati ACP a sostegno del commercio. Gli APE si basano sul principio dell’apertura asimmetrica del mercato, che contribuisce a facilitare l’accesso dei partner ACP al mercato dell’Unione75. La Commissione, che detiene il mandato per negoziare tali accordi, ha concluso degli APE con 16 Stati dell’Africa occidentale76, con i Paesi della Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe77, con la Comunità dell’Africa - ciascuno Stato ACP accetta il rimpatrio dei propri cittadini presenti illegalmente sul territorio di uno Stato membro dell'Unione europea e li riammette sul proprio territorio su richiesta di detto Stato membro e senza ulteriori formalità. Gli Stati membri e gli Stati ACP forniscono ai propri cittadini documenti d'identità appropriati a tal fine. Per quanto riguarda gli Stati membri dell'Unione europea, gli obblighi di cui al presente paragrafo si applicano solo in relazione alle persone che devono essere considerate come propri cittadini ai fini perseguiti dalla Comunità, conformemente alla dichiarazione n. 2 allegata al trattato che istituisce la Comunità europea. Per quanto riguarda gli Stati ACP, gli obblighi di cui al presente paragrafo si applicano solo in relazione alle persone che sono considerate come propri cittadini ai sensi delle rispettive legislazioni nazionali di tali Stati. ii) Su richiesta di una parte, sono avviati negoziati con gli Stati ACP per concludere, in buona fede e nel rispetto delle disposizioni pertinenti di diritto internazionale, accordi bilaterali che stabiliscano obblighi particolari per la riammissione e il rimpatrio dei loro cittadini. Se una delle parti lo ritiene necessario, tali accordi comprendono anche disposizioni per la riammissione di cittadini di paesi terzi e di apolidi. Detti accordi precisano le categorie di persone interessate da queste disposizioni nonché le modalità della loro riammissione e del loro rimpatrio. Un'adeguata assistenza è fornita agli Stati ACP per l'attuazione dei suddetti accordi. iii) Ai fini della presente lettera c), il termine "parti" si riferisce alla Comunità, a ciascuno dei suoi Stati membri e a ciascuno Stato ACP…“. 75 Per ulteriori informazioni sullo status attuale dei vari APE si veda il seguente LINK. 76 Per ulteriori informazioni si veda il seguente LINK. 77 Per ulteriori informazioni si veda il seguente LINK. 78 Nell'ottobre 2014 si sono conclusi positivamente i negoziati con la Comunità dell'Africa orientale. Il processo di firma è attualmente in corso. Per ulteriori informazioni sull’accordo, si veda il seguente LINK. 79 Per ulteriori informazioni si veda il seguente LINK. 80 Per ulteriori informazioni si veda il seguente LINK. 81 Il CARIFORUM, istituito nel 1992, è un sottogruppo degli Stati ACP a cui fanno parte 15 Stati e funge da base per il dialogo economico con l'Unione. L’Accordo di partenariato economico con l'Unione è stato firmato nel 2008, anche se la Guyana e Haiti avevano espresso riserve e non hanno partecipato alla cerimonia di firma. Le tensioni all'interno del gruppo sono aumentate per le questioni relative al commercio e all'immigrazione. Per ulteriori informazioni sull’Accordo, si veda il seguente LINK. 82 Per ulteriori informazioni sull’accordo, si veda il seguente LINK. 83 La proroga è stata annunciata lo scorso 14 febbraio 2020 dal Commissario Europeo per le partnership internazionali, nonché il nuovo capo negoziatore della Commissione Von der Leyen, Jutta Urpilainen. orientale78, con l’Africa centrale79, con la regione dell’Africa orientale e australe80 , con il Forum caraibico81 e con numerosi Stati della regione del Pacifico82 . L’Accordo di Cotonou è scaduto il 29 febbraio 2020. Tuttavia, poiché i negoziati sul futuro accordo sono ancora in corso, le parti hanno concordato misure transitorie per prorogarlo senza modifiche fino al dicembre 202083, così garantendo la continuità giuridica e politica del Partenariato ACP-UE. Il futuro accordo dovrebbe includere partenariati regionali specifici ed operativi, focalizzati sulle esigenze di ciascuna regione. Le consultazioni sui partenariati regionali si sono concluse nella primavera del 2019. Il futuro Partenariato ACP-UE è destinato a consolidare ulteriormente gli stretti 16 www.dejalex.com legami politici tra l'Unione e gli Stati ACP e riguarderà ambiti prioritari, come democrazia e diritti umani, crescita economica e investimenti, cambiamenti climatici, eliminazione della povertà, pace e sicurezza, migrazione e mobilità. b) La strategia comune Africa-UE Per quanto riguarda il continente africano, l’Unione ha approfondito le relazioni politiche attraverso il Partenariato Africa-UE (Africa-EU Partnership) del 200084 e sulla Strategia congiunta Africa-UE (Joint Africa-EU Strategy) del 200785. Esso costituisce il quadro politico-giuridico generale per la cooperazione e si concentra sulle seguenti quattro aree: pace e sicurezza, governance e diritti umani, integrazione regionale e scambi ed infine, questioni chiave attinenti allo sviluppo. La strategia congiunta viene implementata attraverso quadri pluriennali e piani d’azione. Gli obiettivi della Strategia congiunta Africa-UE riguardano questioni politiche di interesse comune, il potenziamento della risposta africana, sia transregionale che continentale, alle sfide globali (come la migrazione, la pace, la sicurezza e i cambiamenti climatici) ed le politiche incentrate sulle persone, in particolare, sul rafforzamento della partecipazione dei cittadini. 84 Il Partenariato è stato concluso nel 2000 durante il 1° vertice Africa-UE a Cairo (Egitto). 85 The Africa-EU Strategic Partnership, A Joint Africa-EU Strategy è stata adottata dai leader europei ed africani nel 2° vertice Africa-Unione, tenutosi a Lisbona il 9.12.2007. 86 Il 4° vertice UE-Africa, tenutosi il 2 e 3 aprile 2014 a Bruxelles (Belgio), ha riunito oltre 60 leader dell'UE e africani e un totale di 90 delegazioni, per discutere le future relazioni UE-Africa e rafforzare i legami tra i due continenti. 87 Per ulteriori informazioni si veda il seguente LINK. 88 Vertice sulla migrazione, tenutosi a il 11-12.1.2015 a La Valletta (Malta), ha riunito i capi di Stato e di governo europei e africani nello sforzo di rafforzare la cooperazione e affrontare non solo le sfide attuali, ma anche le opportunità della migrazione. Per ulteriori informazioni si veda il seguente LINK. 89 Il Fondo fiduciario mette in comune contributi provenienti da vari strumenti finanziari della Commissione Europea a carico del bilancio dell'Unione. Si tratta di nuovi finanziamenti provenienti dalla riserva dell'11° FES, integrati da alcuni fondi dei programmi indicativi regionali per l'Africa occidentale, centrale e orientale, insieme a contributi dei programmi indicativi nazionali per il Corno d'Africa. Il quadro giuridico per l’istituzione dei fondi fiduciari dell’UE per le azioni esterne è sancito dall’articolo 234 del Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012, GUUE L 193 del 30.7.2018. Per raggiungere tali obiettivi, la Strategia aveva previsto in origine 8 partenariati tematici in materia di cooperazione. Tuttavia, nell’ambito del quarto vertice UE-Africa del 201486, i partenariati tematici sono stati ridefiniti in 5 ambiti prioritari, tra cui pace e sicurezza, democrazia, buona governance e diritti umani, sviluppo umano, sviluppo sostenibile e inclusivo, crescita e integrazione continentale ed infine, questioni globali ed emergenti. Inoltre, è stata approvata una dichiarazione specifica87 sulla migrazione e la mobilità ed un piano d’azione per contrastare la migrazione illegale e il traffico di esseri umani, rafforzare il nesso migrazionesviluppo ed aumentare la protezione internazionale. Nel 2015, il vertice del Partenariato incentrato sulla migrazione88 ha condotto all’adozione del piano d’azione di La Valletta e all’avvio del Fondo fiduciario di emergenza dell’Unione89 per affrontare le cause profonde della migrazione irregolare e del fenomeno degli sfollati in Africa. Rientrano tra i principali obiettivi di questo piano d’azione il miglioramento della promozione e dell’organizzazione dei canali di migrazione legale, il rafforzamento della protezione dei migranti e dei richiedenti asilo, la lotta contro lo sfruttamento e il traffico dei 17 www.dejalex.com migranti, ed una più stretta collaborazione per migliorare la cooperazione in materia di rimpatrio e riammissione. Nel settembre 2016, l’Unione ha annunciato il Piano di investimenti esterni (PIE)90, rivolto specificamente all'Africa e ai Paesi vicini con l'obiettivo di promuovere investimenti sostenibili e di contrastare alla radice le cause delle migrazioni. Il PIE mira, attraverso il rafforzamento delle strategie di sviluppo a lungo termine, ad offrire reali opportunità economiche per le popolazioni locali e i migranti reintegrati attraverso un sostegno economico articolato in sovvenzioni, prestiti, garanzie, e strumenti di condivisione dei rischi, e rappresenta uno strumento fondamentale per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile e per la mobilitazione di risorse adottato in linea con il programma d’azione di Addis Abeba91 . Sempre nel settembre del 2016, la Commissione Europea ha proposto un nuovo quadro di Partenariato per la migrazione92, con il fine di raggiungere una cooperazione rafforzata con i Paesi terzi per la migliore gestione del fenomeno. I dati esposti dalla Commissione93 mostrano che soltanto un anno dopo la loro adozione, le misure introdotte per il potenziamento della gestione delle migrazioni lungo la rotta del Mediterraneo centrale e con i partner africani hanno contribuito a diminuire i decessi in mare nel corso dei mesi estivi 90 Com. Comm., COM (2016), 581 final, Potenziare gli investimenti per la crescita e l’occupazione: verso la seconda fase del Fondo europeo per gli investimenti strategici e verso il piano europeo per gli investimenti esterni. 91 Il programma d'azione di Addis Abeba sul finanziamento dello sviluppo, concordato a luglio 2015, è parte integrante dell'Agenda 2030 in quanto costituisce la base finanziaria dell’Agenda 2030, stabilendo gli strumenti, le politiche e le risorse necessarie per garantire la realizzazione. 92 Com. Comm., COM (2016) 385 final del 7.6.2016, Communication from The Commission to the European Parliament, the European Council, the Council and the European Investment Bank on establishing a new Partnership Framework with third countries under the European Agenda on Migration. 93 Com. Comm., COM (2017) 471 final del 6.9.2017, Fifth Progress Report on the Partnership Framework with third countries under the European Agenda on Migration. 94 La dichiarazione è stata elaborata durante il 5° vertice Unione Africana e Unione Europea (African Union – European Union Summit), tenutosi il 29-30 novembre 2017 in Costa d’Avorio. 95 Joint Statement on the Migrant Situation in Libya. Il documento è consultabile al seguente LINK. 96 Per ulteriori informazioni si veda il seguente LINK. e a ridurre significativamente il numero dei migranti che tentano l’attraversamento. L’Unione ha inoltre intensificato gli sforzi per contrastare e smantellare le attività degli scafisti e dei trafficanti e per cooperare con i Paesi di origine e di transito, nel rispetto dei valori europei e dei diritti umani. Attualmente è in vigore la Dichiarazione di Abidjan (Abidjan Declaration) del 201794, che aggiorna le priorità comuni del Partenariato Africa-UE in quattro settori strategici: opportunità economiche per i giovani, pace e sicurezza, cooperazione in materia di governance nonché mobilità e migrazione. In merito a quest’ultimo tema, i leader dell’Unione e degli Stati africani si sono impegnati a collaborare per porre fine al trattamento disumano dei migranti e dei rifugiati in Libia ed hanno adottato una dichiarazione congiunta95 che invita alla cooperazione internazionale nella lotta contro gli autori di reati all’interno di tale Paese. I leader hanno altresì convenuto con le Nazioni Unite di istituire una task force congiunta sulla migrazione, che mirerà a proteggere la vita dei migranti e dei rifugiati, in particolare in Libia, ad accelerare i rimpatri volontari assistiti nei Paesi di origine ed a velocizzare il reinsediamento delle persone bisognose di protezione internazionale96 . 6. Considerazioni finali Dall’insorgere della crisi migratoria del 2015, che ne ha manifestato la natura 18 www.dejalex.com strutturale e durevole, la dimensione esterna della politica settoriale europea si è rifocalizzata sulla cooperazione con i Paesi di origine e di transito dei migranti al fine di ridurre i flussi irregolari. Da una parte, l’Unione ha rinforzato il sostegno economico, sociale e politico agli Stati africani interessati dalle rotte migratorie e, dall’altra, ha intensificato la collaborazione con gli Stati terzi in merito ai controlli delle proprie frontiere esterne, al contrasto alle reti criminali e al rispetto degli obblighi internazionali di riammissione e di rimpatrio dei migranti irregolari. Secondo una recente relazione della Commissione sullo stato dell’agenda europea sulla migrazione97, nel 2018 è stato rilevato un calo del 25% rispetto al 2017 negli arrivi irregolari attraverso le frontiere esterne, che corrisponde al più basso livello in cinque anni ed è inferiore di oltre il 90% rispetto alla punta massima del 2015. È stato stimato che l’azione comunitaria abbia contribuito al salvataggio di quasi 730.000 persone in mare, e che più di 50.000 persone necessitanti di protezione internazionale siano state reinsediate nell'Unione. Più di 6 milioni di richiedenti asilo, rifugiati e sfollati hanno beneficiato di programmi finanziati dal Fondo fiduciario di emergenza per l’Africa, oltre al sostegno fornito nell'ambito degli altri programmi unionali di sviluppo. Le azioni dell’Unione hanno registrato risultati positivi anche in relazione al contrasto delle reti criminali. Nel 2018, il Consiglio Europeo ha approvato il trasferimento di 500 milioni di euro al Fondo fiduciario europeo di emergenza per l'Africa nell’ambito dell’11° FES, ed ha invitato gli Stati 97 Com. Comm., COM (2019) 126 final del 6.3.2019, Relazione sullo stato di attuazione dell’agenda europea sulla migrazione. 98 In data 28-29.6.2018 il Consiglio Europeo si è riunito a Bruxelles al fine di concordare misure per intensificare la lotta al traffico di migranti e ridurre ulteriormente l’immigrazione illegale attraverso tutte le rotte migratorie. Consiglio Europeo, CONCL 3 del 28.6.2018. Il documento è disponibile al seguente LINK. 99 L'Agenda 2063 è un progetto volto a trasformare l'Africa nella potenza globale del futuro. Nello specifico, si tratta di un quadro strategico che, ripensando le priorità del continente e focalizzandosi non più sulla lotta contro l’apartheid o l’indipendenza politica, promuove lo sviluppo economico e la sicurezza dei cittadini. 100 Per ulteriori informazioni si veda un nostro precedente contributo, disponibile al seguente LINK. Membri a contribuirvi ulteriormente per rialimentarlo98. Per affrontare alla radice il fenomeno migratorio, il Consiglio ha riaffermato la necessità di un partenariato permanente con l’Africa che abbia come obiettivo la trasformazione sociale ed economica del continente sulla base dei principi e degli obiettivi definiti dai Paesi africani nella rispettiva Agenda 206399 . Nel giugno 2019, i leader dell’Unione hanno concordato di continuare lo sviluppo di una politica migratoria globale ed efficiente nell’agenda strategica dell’Unione del periodo 2019-2024, sia sul versante esterno, che su quello interno, tra l’altro, ribadendo la necessità di trovare il consenso sul contrasto della migrazione illegale e della tratta di esseri umani per garantire rimpatri effettivi, oltre che sulla riforma del regolamento di Dublino. Lo scorso 22 gennaio 2020, la Commissione Europea ha firmato in occasione della quarta riunione del Consiglio del Piano di investimenti esterni (External Investment Plan, EIP) quattro accordi di garanzia per un valore di 216 milioni di euro che contribuiranno a sbloccare 2 miliardi da investire in energie rinnovabili, infrastrutture urbane e start-up nei Paesi africani e vicini. Questi accordi si realizzano in un momento ottimale per il continente, poiché lo scorso 7 luglio 2019, 54 Paesi dell’Africa hanno reso operativo il Trattato di Libero Commercio Africano (African Continental Free Trade Area, AfCFTA)100, che potrebbe far beneficiare tutti gli Stati africani di flussi regolari e sostanziali di investimenti europei. 19 www.dejalex.com Nei mesi di giugno e luglio 2020, l’Unione ha adottato i nuovi pacchetti di assistenza del Fondo fiduciario europeo di emergenza per l'Africa per i gruppi vulnerabili al fine di sostenere la resilienza, l'occupazione e la stabilità nonché affrontare la pandemia del Covid19 in Nord Africa101, nel Corno d'Africa102 e nella regione del Sahel e del lago Ciad103 . Infine, in data 21 luglio 2020 i leader dell’Unione hanno raggiunto uno storico accordo sul bilancio a lungo termine per il periodo 20021-2027104. Nel suo ambito, sono stati destinati 1.054,3 miliardi di euro al quadro finanziario pluriennale (QFP) e 750 miliardi di euro al Next GenerationEU, uno strumento straordinario per la ripresa dalla crisi causata dal Covid-19. Il QFP stanzierà 22,7 miliardi di euro per la migrazione e la gestione delle frontiere e 98,4 miliardi di euro per il vicinato ed il resto del mondo. Tuttavia, nonostante i risultati degli studi condotti mostrino il raggiungimento di importanti risultati e la destinazione di risorse straordinariamente elevate nelle politiche migratorie dell’Unione, le cause profonde del fenomeno migratorio non potranno essere risolte nell’immediato e costituiranno inevitabilmente un progetto a lungo termine. Il primo obiettivo concreto sarà un nuovo sistema d’asilo adattato alla realtà post-Dublino, che garantisca un punto di equilibrio tra consenso degli Stati Membri, responsabilità e solidarietà. 101 Per ulteriori informazioni si veda il seguente LINK. 102 Per ulteriori informazioni si veda il seguente LINK. 103 Per ulteriori informazioni si veda il seguente LINK. 104 Per ulteriori informazioni si veda il seguente LINK. 20 www.dejalex.com Roberto A. Jacchia PARTNER [email protected] +39 02 72554.1 Via San Paolo 7 20121 - Milano Esmeralda Dedej ASSOCIATE [email protected] +32 (0)26455670 Chaussée de La Hulpe 187 1170 - Bruxelles MILANO Via San Paolo, 7 · 20121 Milano, Italia T. +39 02 72554.1 · F. +39 02 72554.400 [email protected] ROMA Via Vincenzo Bellini, 24 · 00198 Roma, Italia T. +39 06 809154.1 · F. +39 06 809154.44 [email protected] BRUXELLES Chaussée de La Hulpe 187 · 1170 Bruxelles, Belgique T. +32 (0)26455670 · F. +32 (0)27420138 [email protected] MOSCOW Ulitsa Bolshaya Ordynka 37/4 · 119017, Moscow, Russia T. +7 495 792 54 92 · F. +7 495 792 54 93 [email protected]

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