1. LA POSIZIONE DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO SULL’APPLICABILITÀ DEL NE BIS IN IDEM ALLA CONDOTTA DI MANIPOLAZIONE DEL MERCATO

Nell’ordinamento italiano la condotta di chi manipola il mercato può comportare sia una sanzione penale (ex art. 185 Testo Unico Finanza - ‘TUF’) che amministrativa (ex art. 187 ter TUF).

Con riferimento alla duplicità di sanzioni previste per il delitto di manipolazione del mercato e sulla loro coesistenza, si è pronunciata la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (‘CEDU’) che, con la sentenza emessa in data 4 marzo 2014 nella causa “Grande Stevens e altri contro Italia”, ha rilevato che il sistema legislativo italiano in materia di abusi di mercato, così come oggi è in vigore, pone seri dubbi di coerenza rispetto a un fondamentale principio sancito dall’art. 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo: il diritto a non essere giudicati o puniti due volte per lo stesso fatto (ne bis in idem).

Nel caso richiamato, i ricorrenti, dopo essere stati sanzionati in via amministrativa dalla Consob, erano stati sottoposti a giudizio penale, venendo assolti in primo grado e poi condannati in appello.

I giudici di Strasburgo hanno puntualizzato che, sebbene il processo innanzi alla Consob abbia pacificamente natura amministrativa, le sanzioni inflitte devono essere considerate a tutti gli effetti come penali, anziché amministrative, vista l’eccessiva severità delle stesse - sia per l’importo che per le sanzioni accessorie - oltre che per le loro ripercussioni sugli interessi del condannato.

Alla luce del ragionamento della Corte Europea, dunque, una volta applicate le sanzioni amministrative non possono essere irrogate anche sanzioni penali nei confronti dello stesso soggetto per il medesimo fatto, pena la violazione del ne bis in idem.

  1. LA POSIZIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE SULL’APPLICABILITÀ DEL NE BIS IN IDEM

Dopo solo due mesi dalla sopra ricordata pronuncia, è intervenuta la Corte di Cassazione che con la sentenza n. 20266 del 15 maggio 2014 ha, al contrario, puntualizzato che nel nostro ordinamento è legittima l’applicazione di una doppia sanzione, penale e amministrativa, per la stessa violazione. Tuttavia il caso sottoposto alla Suprema Corte aveva ad oggetto una sovrapposizione tra la contestazione del reato di omesso versamento delle ritenute (art. 10 bis d.lgs. n. 74/2000) e la sanzione amministrativa di natura tributaria (ex art. 13 del d.lgs. 471/1997).

La Corte di Cassazione, però, respinge la tesi proposta dal difensore dell’imputato secondo cui si verserebbe, anche in questo caso, nell’applicazione di una ingiusta doppia sanzione, osservando che la violazione amministrativa di natura tributaria e quella penale, in questo caso, non sarebbero in rapporto di specialità. Secondo la Corte, infatti, il principio statuito dalla CEDU varrebbe solo per il caso della manipolazione di mercato.

  1. LA SUCCESSIVA PRESA DI POSIZIONE DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO SUL RAPPORTO TRA VIOLAZIONI FISCALI DI NATURA AMMINISTRATIVA E PENALE

Dopo cinque giorni dalla sentenza della Corte di Cassazione, tuttavia, la CEDU, con sentenza del 20 maggio 2014 nella causa “Glantz contro Finlandia” è intervenuta sul rapporto tra violazione amministrativa di natura tributaria e reati fiscali.

Nel caso di specie, dopo essere stato sanzionato per via amministrativa dall’autorità tributaria finlandese, il ricorrente era stato sottoposto a giudizio penale per i medesimi fatti. Da qui il ricorso dell’imputato per violazione del principio del ne bis in idem.

La Corte di Strasburgo in questo caso ha statuito che la sanzione, anche se qualificata come sanzione tributaria, può avere una natura penale perché, vista la severità e la gravosità della stessa, è una vera e propria punizione funzionale anche a produrre un effetto deterrente. Ne deriverebbe, dunque, che in presenza di una prima sanzione amministrativa particolarmente afflittiva, per il medesimo fatto non potrebbe essere applicata una seconda e ulteriore sanzione anche ove applicata da un Giudice penale. In questo caso si avrebbe una violazione del ne bis in idem.

Alla luce delle diverse posizioni della giurisprudenza interna e della CEDU, sembra potersi dire che non vi è ancora definitiva chiarezza sulla valenza, in concreto, del principio del ne bis in idem in presenza, negli ordinamenti interni, della parallela previsione di sanzioni amministrative e penali dirette a punire un medesimo fatto. Tuttavia, quanto meno a livello italiano, un’occasione per contribuire a dirimere i dubbi potrà senza dubbio essere l’attuazione della delega fiscale (legge 23/2014).