In data 27 aprile 2023, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C-628/21, TB, sull’interpretazione dell’articolo 8, paragrafo 1, della Direttiva 2004/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale[1]. Tale domanda era stata presentata nell’ambito di un procedimento avviato da TB, una persona fisica che vende articoli decorativi tramite i propri negozi online, e diretto ad ingiungere alla Castorama Polska sp. z o.o. (“Castorama”) e alla «Knor» sp. z o.o. (“Knor”), società con sede in Polonia, di fornire informazioni relative all’origine e alle reti di distribuzione di merci o servizi che violerebbero un diritto di proprietà intellettuale di cui TB afferma di essere titolare.
Questi i fatti.
Nell’ambito della sua attività, TB vende le riproduzioni delle immagini A, B e C, da essa realizzate meccanicamente, ciascuna delle quali presenta una grafica semplice, costituita da un numero limitato di colori, figure geometriche e frasi brevi. Riproduzioni di tali immagini, tuttavia, sono poste in commercio dalla Castorama e dalla Knor. Più particolarmente, copie esatte delle immagini A e B sono vendute nel negozio online e nei negozi della Castorama e sono fornite dalla Knor. La Castorama, inoltre, vende anche immagini fornite dalla Knor, contenenti un testo identico a quello che compare nell’immagine C, ma che presentano talune differenze di grafica e di caratteri tipografici rispetto a quest’ultima.
Di conseguenza, dopo aver intimato alla Castorama di cessare di violare i diritti d’autore patrimoniali e morali relativi alle opere di sua creazione, di cui riteneva di essere titolare, in data 15 dicembre 2020 TB aveva adito il Sąd Okręgowy w Warszawie (Tribunale regionale di Varsavia; il “giudice del rinvio”) chiedendo che fosse ordinato alla Castorama e alla Knor di fornire informazioni relative alle loro riproduzioni per quanto riguardava le reti di distribuzione e il quantitativo di merci ricevute o ordinate da queste ultime nonché l’elenco completo dei loro fornitori, la data di messa in vendita di tali merci nei negozi della Castorama nonché il quantitativo e il ricavato della loro vendita.
Alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, pertanto, il giudice del rinvio aveva deciso di sospendere il procedimento e di chiedere alla Corte di Giustizia se l’articolo 8, paragrafo 1[2], della Direttiva 2004/48 debba essere interpretato nel senso che, nel contesto di un procedimento riguardante la violazione di un diritto di proprietà intellettuale, il ricorrente deve dimostrare, ai fini di una richiesta di informazioni a titolo di tale articolo, di essere il titolare del diritto di proprietà intellettuale di cui trattasi o se egli debba semplicemente rendere tale circostanza verosimile, in particolare quando la richiesta di informazioni sia antecedente a un’azione di risarcimento danni per violazione di detto diritto di proprietà intellettuale.
La Corte ha preliminarmente ricordato che, ai fini dell’interpretazione di una norma del diritto dell’Unione, si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, e bensì anche del suo contesto e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte[3]. Più particolarmente, le disposizioni della Direttiva 2004/48 intendono disciplinare gli aspetti collegati ai diritti di proprietà intellettuale inerenti, da un lato, al loro rispetto e, dall’altro, alle loro violazioni, imponendo l’esistenza di rimedi giurisdizionali efficaci, destinati a prevenire, porre fine o rimediare a qualsiasi violazione di un diritto di proprietà intellettuale esistente[4]. A tale proposito, per garantire un livello elevato di tutela della proprietà intellettuale, occorre respingere un’interpretazione che riconosca il diritto d’informazione di cui all’articolo 8, paragrafo 1, della Direttiva 2004/48 solo nel quadro di un procedimento diretto a constatare la violazione di un diritto di proprietà intellettuale, dal momento che un livello di protezione del genere rischierebbe di non essere garantito qualora non fosse possibile esercitare tale diritto d’informazione anche nell’ambito di un procedimento autonomo, avviato dopo la conclusione definitiva di un’azione terminata con l’accertamento di una tale violazione[5]. Ciò vale anche per quanto riguarda un procedimento autonomo che preceda l’azione di risarcimento in cui, in forza dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), della Direttiva 2004/48, un ricorrente chieda le informazioni che gli consentano, appunto, di poter utilmente promuovere un’azione in giudizio contro i presunti contravventori[6].
Il diritto d’informazione previsto dall’articolo 8, paragrafo 1, della Direttiva 2004/48, inoltre, concretizza quello fondamentale ad una tutela giurisdizionale effettiva garantito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea[7], assicurando in tal modo l’esercizio effettivo del diritto fondamentale di proprietà, di cui fa parte il diritto di proprietà intellettuale tutelato dall’articolo 17, paragrafo 2[8], della stessa. Il diritto d’informazione, infatti, consente al titolare di un diritto di proprietà intellettuale di identificare la persona che lo viola e di adottare le misure necessarie al fine di tutelare tale diritto[9], in quanto senza una conoscenza completa della portata della violazione di quest’ultimo il relativo titolare non sarebbe in grado di calcolare con precisione il risarcimento cui avrebbe diritto. Di conseguenza, occorre distinguere la funzione di una richiesta di informazioni, ai sensi dell’articolo 8 della Direttiva 2004/48, da quella di un’azione giudiziaria volta all’accertamento della violazione di un diritto di proprietà intellettuale. Se tale domanda fosse soggetta agli stessi requisiti di prova dell’azione giudiziaria diretta a far constatare la violazione di un diritto di proprietà intellettuale, infatti, il procedimento autonomo istituito dall’articolo 8, che costituisce una specificità del diritto dell’Unione, perderebbe gran parte della sua utilità pratica.
Nel caso concreto è in discussione il diritto d’autore, che ai sensi della Direttiva 2004/48 esiste fin dalla creazione dell’opera e non richiede una registrazione formale[10]. A tale riguardo, la nozione di “opera” di cui alla Direttiva 2001/29[11] è costituita da due elementi: da un lato, essa implica un oggetto originale che sia una creazione intellettuale propria del suo autore e, dall’altro, richiede un’espressione di tale creazione. Quanto al primo elemento, perché un oggetto possa essere considerato originale è necessario e sufficiente che esso rifletta la personalità del suo autore, manifestando le scelte libere e creative di quest’ultimo. Per quanto riguarda il secondo elemento, invece, la nozione di “opera” implica necessariamente l’esistenza di un oggetto identificabile con sufficiente precisione e obiettività[12]. Di conseguenza, spetterà al giudice del rinvio esaminare se TB abbia prodotto elementi di prova sufficienti per dimostrare che ella è titolare del diritto di proprietà intellettuale in questione. Poiché, inoltre, l’articolo 3[13] della Direttiva 2004/48 impone ai giudici nazionali di offrire garanzie affinché la richiesta di informazioni di cui all’articolo 8 non sia utilizzata in modo abusivo[14], spetterà al giudice del rinvio valutare anche la giustificazione e la proporzionalità della richiesta di informazioni di cui è investito, nonché verificare che TB non ne abbia fatto un uso abusivo.
Tutto ciò premesso, la Corte ha pertanto statuito che:
“L’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2004/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, dev’essere interpretato nel senso che nel contesto di un procedimento riguardante la violazione di un diritto di proprietà intellettuale ai sensi di tale disposizione, il ricorrente, ai fini di una richiesta di informazioni sulla base di tale articolo 8, deve fornire qualsiasi elemento di prova ragionevolmente accessibile che consenta al giudice investito di tale domanda di acquisire con sufficiente certezza la convinzione che egli è titolare di tale diritto, presentando elementi di prova adeguati con riferimento alla natura di detto diritto e alle eventuali formalità speciali applicabili”.