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Latham & Watkins Restructuring, Insolvency & Workouts Practice 30 May, 2018 | Number 2328 Count down per la legge delega relativa alla riforma delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza La delega al Governo prevede un intervento sistematico sulla Legge fallimentare nonché modifiche alla disciplina sulla composizione della crisi da sovraindebitamento. La legge delega n. 155/2017 ha affidato al Governo il compito di adottare, entro 12 mesi dalla data di sua entrata in vigore (14 novembre 2017), una riforma organica delle procedure concorsuali e della disciplina sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento. Il 22 dicembre 2017, la Commissione Rordorf ha consegnato al Ministro della Giustizia la bozza di decreto legislativo di attuazione della legge delega, relativo al nuovo codice della crisi e dell’insolvenza (destinato a sostituire integralmente il R.D. n. 267/1942 e la legge n. 3/2012 sul sovraindebitamento). Tale bozza contiene lo schema provvisorio e soggetto a modifiche in sede di futura adozione1 (Schema di Decreto) che qualora non intervenisse entro l’autunno del corrente anno, frustrerebbe il rilevante lavoro svolto dalla suddetta commissione. Nel presente lavoro si dà sinteticamente conto delle principali novità contenute nella legge delega, concentrando l’attenzione su quelle riguardanti gli strumenti per la gestione della crisi di impresa2 . Va peraltro segnalato che, inevitabilmente, sulle effettive modalità e tempistiche di attuazione della legge delega influirà l’agenda del nuovo Governo eletto a valle della consultazione del 4 marzo 2018. Panoramica delle novità In linea generale, la legge delega prevede che la disciplina della crisi venga ridisegnata secondo un nuovo decalage di possibili strumenti utilizzabili per la sua gestione e proporzionati alla sua gravità. Agli strumenti tradizionali (piano attestato, accordi di ristrutturazione e concordato preventivo) – che recepiscono comunque innovazioni di rilievo (v. infra) - si aggiunge la novità delle c.d. procedure di allerta, destinate a rappresentare – almeno in teoria – il primo strumento (in senso logico e cronologico), a cui l’imprenditore dovrebbe ricorrere presentandosi le prime avvisaglie della crisi3 . Il fallimento, che resta sostanzialmente immutato nelle sue linee essenziali, cambia nome e diventa “liquidazione giudiziale”, con l’intento forse non solo semantico di eliminare il retaggio dello stigma sociale (oltreché legale) per l’imprenditore fallito. Da un punto di vista procedurale si prevede l’introduzione di un unico modello procedimentale per richiedere l’accesso allo strumento della crisi prescelto, che potrà dunque sfociare sia in soluzioni Latham & Watkins 30 May, 2018 | Number 2328 | Page 2 negoziate o concordatarie, sia nella nuova liquidazione giudiziale (ex fallimento), ove ricorra uno stato di insolvenza irreversibile. Si segnala, poi, l’introduzione del c.d. “concordato di gruppo”4 , richiedibile da più imprese appartenenti al medesimo gruppo in stato di crisi o di insolvenza, mediante la proposizione di un unico ricorso ma fermo, in ogni caso, il principio dell’autonomia delle rispettive masse patrimoniali5 . Infine, la legge delega persegue un obiettivo di riduzione dei costi delle procedure che potrà avere impatti significativi sulle modalità di calcolo dei compensi dei professionisti coinvolti, i quali dovranno essere commisurati: “proporzionalmente all’attivo dell’impresa soggetta alla procedura” e con più limitata applicabilità del beneficio della prededuzione6 . Vediamo più in dettaglio le novità riguardanti i diversi istituti menzionati. Procedura di allerta e di composizione assistita della crisi Rappresenta una delle principali novità della riforma e consisterà in una procedura per la gestione assistita della crisi dell’impresa, a carattere non giudiziale e confidenziale, volta a favorire la sua emersione anticipata. Sarà accessibile dall’imprenditore rivolgendosi ad appositi organismi di gestione della crisi, istituendi presso le camere di commercio, i quali avranno il compito di assisterlo nel tentativo di raggiungimento di una soluzione concordata della crisi con i suoi creditori. L’imprenditore potrà chiedere al Tribunale competente di disporre le misure protettive necessarie per condurre a termine le trattative in corso, fermo restando che il tentativo di accordo dovrà concludersi entro un termine non superiore a sei mesi. In caso di insuccesso, l’organismo di gestione dovrà segnalare l’eventuale stato insolvenza al pubblico ministero ai fini del relativo accertamento giudiziale7 . Gli organi di controllo societari (collegio sindacale) ed il revisore, dovranno segnalare all’organo amministrativo l’esistenza di fondati indizi della crisi e, in caso di mancata o inadeguata risposta, dovranno informare direttamente gli organismi di gestione per l’avvio del procedimento. Analogo obbligo di segnalazione viene posto a carico dei creditori pubblici qualificati dell’imprenditore (Agenzia delle entrate, enti previdenziali e agenti della riscossione) qualora vi siano inadempimenti per importi rilevanti ed a pena di inefficacia dei privilegi dei relativi crediti. Di particolare rilevanza la proposta di introduzione di misure premiali, sia patrimoniali che in termini di responsabilità personale, per l’imprenditore che ricorra tempestivamente8 agli strumenti di gestione della crisi9 , avuto riguardo alla notoria scarsa propensione degli azionisti e degli organi amministrativi a rilevare l’incombente stato di crisi. La Legge Delega non esplicita, tuttavia, se anche al procedimento di allerta sarà applicabile una specifica disciplina di protezione dell’accordo raggiunto con i creditori, rispetto all’ipotesi di revocatoria e di bancarotta preferenziale (ex art. 217-bis L.F.)10 . Latham & Watkins 30 May, 2018 | Number 2328 | Page 3 Accordi di ristrutturazione dei debiti e piani attestati di risanamento Lo strumento viene rafforzato introducendo la possibilità di estensione forzosa dell’accordo di ristrutturazione, o della moratoria, di cui all’art. 182-septies Legge fallimentare, a qualsiasi tipologia di creditori non aderenti (non sarà più limitata, dunque, solo a quelli finanziari), purché ricorrano i presupposti dell’omogeneità e della percentuale minima di adesioni (75%). Qualora l’imprenditore non chieda né la moratoria né le misure protettive, sarà possibile prescindere (in tutto o in parte) dal requisito del raggiungimento dell’accordo con almeno il 60% dei crediti totali, così flessibilizzando notevolmente i requisiti di ammissibilità/fruibilità dello strumento11 . Infine, si prevede l’assimilazione della disciplina delle misure protettive degli accordi di ristrutturazione a quella prevista in materia di concordato preventivo (in quanto compatibile)12 . Concordato preventivo Il concordato preventivo diviene strumento principalmente rivolto al recupero dell’impresa in crisi nella prospettiva della continuità aziendale, mentre sarà marginale la sua utilizzabilità per piani liquidatori. Questi saranno infatti ammissibili solo in caso di apporto di risorse esterne, che aumentino apprezzabilmente la soddisfazione dei creditori13 e ferma restando la soglia del pagamento di almeno il 20% dei crediti chirografari. Difficile dunque immaginare un utilizzo del concordato liquidatorio ove le risorse esterne siano per l’appunto solo finalizzate ad una liquidazione sebbene “orchestrata”. Trovano poi riconoscimento positivo alcune soluzioni già emerse nel diritto vivente, fra cui: (i) l’espresso riconoscimento della possibilità di dilazioni ultrannuali per i creditori privilegiati14; (ii) la positivizzazione del c.d. “criterio della prevalenza” per i piani in continuità: si richiederà, cioè, che i ritorni per i creditori provengano prevalentemente dalla continuità aziendale; (iii) la falcidiabilità del credito IVA15 . Si prevede, inoltre, un riordino ed una semplificazione delle varie tipologie di finanziamento alle imprese in crisi (il cui regime è, attualmente, piuttosto disorganico). Più innovative le previsioni che riguardano l’introduzione di casi in cui sarà d’obbligo la suddivisione in classi, tra cui il caso di creditori assistiti da garanzie esterne16, e quella che prevede la disciplina delle situazioni di conflitto di interessi tra creditori concordatari17 . Da un punto di vista procedurale, si segnalano: (a) l’eliminazione dell’adunanza dei creditori (art. 174 L.F.), che sarà sostituita da una procedura per esprimere il voto in via telematica; (b) la legittimazione del commissario giudiziale a richiedere, su istanza di un creditore, la risoluzione del concordato preventivo. Infine, sembrerebbe che la legge delega abbia optato per il superamento del principio, che si dava ormai per consolidato (a partire da SS.UU. 23 gennaio 2013, n. 1521, www.ilcaso.it) della riserva ai creditori della valutazione sul merito della proposta. Si prescrive, infatti, che il legislatore delegato reintroduca il potere del tribunale di valutare la fattibilità economica del piano18 . Latham & Watkins 30 May, 2018 | Number 2328 | Page 4 Procedura di liquidazione giudiziale Il vecchio fallimento diventa “liquidazione giudiziale” e acquista alcuni nuovi strumenti che dovrebbero auspicabilmente migliorarne l’efficienza. Il più significativo parrebbe quello legato alla prevista istituzione di un mercato unitario telematico nazionale delle vendite fallimentari, caratterizzato: (i) dalla presenza di un ente che certifichi la ragionevole probabilità di soddisfazione dei crediti insinuati al passivo di ciascuna procedura aderente al sistema; (ii) dalla presenza di un sistema di regolamento e di compensazione (iii) dal riconoscimento, ai creditori, che ne facciano richiesta, di un titolo che li abiliti a partecipare alle vendite dei beni in misura proporzionale alla probabilità di soddisfazione del loro credito, certificata dall’ente di cui al numero (i). Viene poi potenziata la figura del curatore, con maggiori poteri di accesso alle banche dati e la legittimazione diretta a compiere gli atti di organizzazione societaria funzionali alla procedura, nonché l’attribuzione di una più ampia facoltà di promuovere azioni a tutela della massa, anche nei confronti delle società appartenenti al gruppo della fallita. Il curatore, inoltre, conserverà la legittimazione esclusiva in relazione ai procedimenti pendenti ed, in caso di recuperi successivi, potrà disporre nuovi riparti anche dopo la chiusura della procedura. Dal punto di vista procedurale si segnala il recepimento del criterio del “centro degli interessi principali del debitore” (C.O.M.I.) ai fini dell’individuazione della competenza territoriale del Tribunale fallimentare. Norme penali Per rilievo sistematico si segnala l’introduzione di necessarie norme di coordinamento tra la legge concorsuale, le misure di prevenzione di cui al Codice antimafia e la disciplina della responsabilità da reato delle persone giuridiche (d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231). La riforma non prevede invece impatti sulle tradizionali norme penali concorsuali (reati di bancarotta etc. …), essendo anzi espressamente prevista la continuità delle fattispecie criminose, salvi i necessari adattamenti lessicali (cioè la sostituzione del termine “fallimento” con “liquidazione giudiziale” nelle norme relative). Conclusioni L’attuale complessa fase politica potrebbe mettere a rischio l’adozione di una nuova legge fallimentare che è invero necessaria non solo per una gestione più efficiente, in termini di tempistica e di risultati, delle crisi d’impresa, ma per allinearci alle più moderne legislazioni europee e consentire che nuovi operatori, sia industriali che finanziari, possano considerare di investire in imprese e asset di impresa italiani che necessitino di nuovi capitali. In aggiunta, la disciplina novellata potrebbe incentivare i creditori ad una gestione più dinamica dei loro crediti nell’ambito delle procedure concorsuali. La legge delega, infine, sarebbe forse stata l’occasione per porre mano anche ad una riforma sistematrice del diritto penale concorsuale, che costituisce un corpus di norme rimasto sostanzialmente inalterato dalla sua adozione nei primi anni quaranta. Latham & Watkins 30 May, 2018 | Number 2328 | Page 5 Per qualsiasi domanda in relazione al presente Client Alert, vi preghiamo di contattare uno degli autori indicati di seguito o il professionista di Latham & Watkins con il quale siete normalmente in contatto: Andrea Novarese [email protected] +39.02.3046.2043 Milano Mario Orsenigo [email protected] +39.02.3046.2045 Milano You Might Also Be Interested In La disciplina dell’anatocismo bancario. Implicazioni nelle operazioni di finanziamento e ristrutturazione. The Acquisition and Leveraged Finance Review – Italy Italy Issues New Rules on Hostile Foreign Takeovers and Golden Powers The Growth of European Covenant Lite Client Alert is published by Latham & Watkins as a news reporting service to clients and other friends. The information contained in this publication should not be construed as legal advice. Should further analysis or explanation of the subject matter be required, please contact the lawyer with whom you normally consult. 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La definizione di “gruppo di imprese” è modellata sulla nozione di direzione e coordinamento di cui agli artt. 2497ss. e 2545- septies c.c. e l’appartenenza al gruppo si presumerà (iuris tantum) in presenza di un rapporto di controllo ex art. 2359 c.c. 5. In merito, è interessante notare che l’art. 288 dello Schema di Decreto prevede espressamente che la presentazione di una domanda “di gruppo” non comporti “l’unificazione delle rispettive masse patrimoniali”. Il successivo articolo 289, tuttavia, offre una significativa apertura ai trasferimenti infragruppo di risorse, prevedendone la possibilità ove “un professionista indipendente attesti che dette operazioni sono determinanti ai fini della continuità aziendale per le imprese per le quali essa è indicata nel piano e coerenti con l’obiettivo del miglior soddisfacimento dei creditori delle diverse imprese del gruppo”. Latham & Watkins 30 May, 2018 | Number 2328 | Page 6 6. Lo Schema di Decreto prevede un vero e proprio diritto del debitore ad un accesso “economico” alle procedure di gestione della crisi, stabilendo che: “Tutti i debitori hanno diritto ad un accesso agevole e non eccessivamente costoso agli strumenti di regolazione della crisi o dell’insolvenza, nel cui ambito non possono farsi carico dei compensi spettanti ai consulenti legali, finanziari o industriali dei propri creditori; ogni patto contrario è nullo” (art. 4, co. 4°). Per quanto riguarda il divieto di accollare al debitore il costo degli advisor dei creditori – soluzione che, come noto, è ampiamente adottata nel mercato – della sua effettività appare lecito dubitare, anche in conseguenza del fatto che, dal punto di vista economico, i creditori saranno probabilmente propensi a coprire tali costi nell’ambito di una valutazione dell’onere complessivo che la procedura proposta porrebbe a carico dei creditori medesimi. 7. Sui termini di questa segnalazione, di evidente delicatezza, lo Schema di Decreto (art. 25) precisa che sarà doverosa “se gli elementi acquisiti rendano evidente la sussistenza di uno stato di insolvenza del debitore”. 8. Si prevede che il requisito della “tempestività” sia ancorato a criteri mutuati dalle discipline aziendalistiche ed, in particolare, ricorrerà esclusivamente quando il debitore abbia fatto ricorso ai meccanismi di allerta: “entro il termine di sei mesi dal verificarsi di determinati indici di natura finanziaria da individuare considerando, in particolare, il rapporto tra mezzi propri e mezzi di terzi, l’indice di rotazione dei crediti, l’indice di rotazione del magazzino e l’indice di liquidità”. 9. Si prevedono, in particolare: una causa di non punibilità per il delitto di bancarotta semplice ed un’attenuante ad effetto speciale per gli altri casi, nonché una riduzione delle sanzioni correlate ai debiti fiscali. 10. Una specifica disciplina dettata in tal senso apparirebbe, peraltro, certamente auspicabile, anche per fugare ogni resistenza dei terzi rispetto all’adesione all’accordo stesso. Lo Schema di Decreto, tuttavia, non sembra tenere conto di tale tematica. 11. L’art. 64 dello Schema di Decreto prevede che, in tali casi, il limite alle adesioni necessarie venga abbassato al 30% dei crediti. 12. In merito, la soluzione adottata dallo Schema di Decreto sembra essere quella di demandare in ogni caso all’Autorità giudiziaria la decisione sulla concessione di tali misure protettive, le quali vengono infatti definite come: “le misure temporanee disposte dal giudice competente per evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza, e che consistono, in particolare: a) nella inammissibilità di azioni esecutive o cautelari individuali sul patrimonio o l’impresa del debitore; b) nella sospensione dei processi esecutivi o cautelari pendenti; c) nel divieto per i creditori di acquisire titoli di prelazione se non concordati …” (nostra l’enfasi). Verrebbe pertanto meno quell’effetto di “automatic stay” che aveva caratterizzato la figura del c.d. “concordato in bianco” contribuendo a determinarne il successo in conseguenza della certezza ed automaticità dell’effetto protettivo rispetto al differente modulo della concessione della protezione previa delibazione dell’ Autorità giudiziaria. 13. Lo Schema di Decreto prevede, all’art. 89, che nel concordato liquidatorio l’apporto di risorse esterne debba aumentare di “almeno il dieci per cento il soddisfacimento dei creditori chirografari”. 14. Riconoscimento che, tuttavia, sembra essere molto ridimensionato dal testo dell’art. 91 dello Schema di Decreto, che si limita a prevedere un periodo di moratoria massimo di due anni. Interessante la soluzione adottata dallo Schema di Decreto sulle modalità di computo del voto dei creditori privilegiati dilazionati: superando le incertezze determinate dall’orientamento della Suprema Corte – che demandava sostanzialmente al giudice del merito la decisione sulle modalità del calcolo – si prevede infatti che tali creditori abbiano diritto al voto per l’intero loro credito. Da notare che, forse per un refuso, il successivo art. 114, co. 5, dello Schema di Decreto attribuisce il diritto al voto integrale solo ai “creditori muniti di diritto di prelazione il cui pagamento è dilazionato per oltre un anno …”. 15. In linea con le pronunce della Corte di giustizia dell’UE (sentenza 7 aprile 2016, C-546/14). 16. Nello Schema di Decreto tali casi sono delineati come segue (art. 90, co. 2°, lett. d): “La formazione delle classi è obbligatoria per quanto concerne la suddivisione dei creditori privilegiati, dei quali non sia previsto l’integrale pagamento o sia previsto il pagamento dilazionato ai sensi dell’art. 91 e a seconda dell’oggetto della garanzia; dei creditori titolari dei crediti previdenziali o fiscali dei quali del pari non sia previsto l’integrale pagamento; dei creditori che vengono soddisfatti anche in parte con utilità diverse dal denaro; dei creditori titolari di garanzie prestate da terzi; dei creditori proponenti il concordato e delle parti ad essi correlate; dei creditori postergati”. 17. Si tratta di innovazioni da tempo auspicate da una parte autorevole, seppure minoritaria, della dottrina, ma mai accolte dalla Suprema Corte, che si era invece espressamente pronunciata in senso opposto (Cass. civ. 10 febbraio 2011, n. 3274). L’art. 114 dello Schema di Decreto prevede che: “Sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze i creditori in conflitto di interessi. Sono in conflitto di interessi i creditori portatori di un interesse in conflitto con il miglior soddisfacimento dei creditori, fatte salve le cause legittime di prelazione”. Nel medesimo solco della tutela da possibili conflitti di interessi, questa volta sotto il profilo dell’abuso da parte della maggioranza, viene poi introdotta dalla legge delega la previsione della necessitò del raggiungimento di una maggioranza anche per teste per l’approvazione del concordato nel caso in cui un solo creditore possegga da solo la maggioranza dei crediti. L’art. 114 dello Schema di Decreto prevede infatti che: “Nel caso in cui un unico creditore sia titolare di crediti in misura superiore alla maggioranza dei crediti ammessi al voto, il concordato è approvato se, oltre alla maggioranza di cui al periodo precedente, abbia riportato la maggioranza per teste dei voti espressi dai creditori ammessi al voto”. Latham & Watkins 30 May, 2018 | Number 2328 | Page 7 18. In particolare, l’art. 6 della Legge Delega prescrive al Governo di: “determinare i poteri del tribunale con particolare riguardo alla valutazione della fattibilità del piano, attribuendo anche poteri di verifica in ordine alla fattibilità economica dello stesso, tenendo conto dei rilievi del commissario giudiziale”. Secondo alcuni Autori, ciò potrebbe portare ad un ridimensionamento (se non ad una eliminazione) dei compiti attribuiti al professionista attestatore. In questo senso LAMANNA, Osservazioni sul DDL delega della Commissione Rordorf, 22 settembre 2016, su www.ilfallimentarista.it, secondo cui viene: “recuperata al Tribunale la funzione di controllo sulla fattibilità (anche economica) del concordato, non dovrebbe aver più ragione di esistere la figura dell’attestatore, venendo meno l’unico scopo per cui era stata creata (sostituire appunto il Tribunale nell’espressione del giudizio di fattibilità”)”. Lo Schema di Decreto (art. 51) prevede che: “A seguito del deposito del piano e della proposta di concordato, il tribunale, verificate le condizioni di cui agli articoli da 89 a 93, anche con riferimento alla fattibilità del piano e tenuto conto dei rilievi del commissario giudiziale, con decreto …” (nostra l’enfasi).