In data 21 novembre 2019, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C-379/18, Deutsche Lufthansa AG contro Land Berlin, sull’interpretazione dell’articolo 3, dell’articolo 6, paragrafi da 3 a 5, nonché dell’articolo 11, paragrafi 1 e 7, della Direttiva 2009/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, concernente i diritti aeroportuali1. La domanda pregiudiziale era stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Deutsche Lufthansa AG (“Lufthansa”) e il Land Berlin (Land di Berlino, Germania) in merito all’approvazione da parte di quest’ultimo del nuovo sistema di diritti aeroportuali istituito per l’aeroporto Berlin-Tegel (Germania) dalla Berliner Flughafen GmbH (“BFG”), in qualità di gestore aeroportuale.

In data 13 ottobre 2014 il Land di Berlino, in qualità di ente responsabile dell’autorità di vigilanza indipendente, aveva autorizzato il nuovo sistema di diritti aeroportuali per l’aeroporto Berlin-Tegel elaborato dalla BFG. In qualità di utente dell’aeroporto, la società Lufthansa aveva proposto un ricorso di annullamento contro tale autorizzazione dinanzi all’Oberverwaltungsgericht Berlin Brandenburg (Tribunale amministrativo superiore di Berlino Brandeburgo, Germania), il quale aveva dichiarato il ricorso inammissibile2 in quanto la ricorrente non era legittimata ad agire ai sensi della Verwaltungsgerichtsordnung (codice del processo amministrativo)3. Successivamente, la Lufthansa aveva proposto ricorso per revisione dinanzi al Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania; “giudice del rinvio”), sostenendo che

l’articolo 42, paragrafo 2, del codice del processo amministrativo dovesse portare a dichiarare ammissibile un ricorso di annullamento presentato da un singolo laddove quest’ultimo facesse valere in modo plausibile di essere leso nei propri diritti dall’atto contestato. Ritenendo necessaria, ai fini della controversia principale, l’interpretazione della normativa europea in materia, ed in particolare degli articoli 34 e 6, paragrafi da 3 a 55, nonché dell’articolo 11, paragrafi 1 e 76, della Direttiva 2009/12, il giudice del rinvio aveva deciso di sospendere il procedimento e di proporre alla Corte di Giustizia due questioni pregiudiziali.

Con la prima questione, il giudice del rinvio aveva chiesto se, in sostanza, la Direttiva 2009/12, segnatamente il suo articolo 3, il suo articolo 6, paragrafo 5, lettera a), nonché il suo articolo 11, paragrafi 1 e 7, debba essere interpretata nel senso che essa osta ad una norma nazionale che consente ad un gestore aeroportuale di stabilire con un utente dell’aeroporto diritti aeroportuali diversi da quelli fissati da tale gestore e approvati dall’autorità di vigilanza indipendente.

La Corte ha preliminarmente rilevato come nel caso concreto il gestore aeroportuale, dopo aver consultato gli utenti, avesse stabilito il nuovo insieme di diritti aeroportuali e lo avesse sottoposto all’autorità di vigilanza indipendente, che lo aveva approvato in conformità con il Luftverkehrsgesetz (legge sul traffico aereo)7. Pertanto, alla luce dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera a), della Direttiva 2009/12, tanto il carattere obbligatorio della procedura prevista dalla legge sul traffico aereo, quanto il fatto che l’autorità di vigilanza indipendente approva il sistema di diritti aeroportuali fissato dal gestore implicano che tale gestore non possa poi discostarsene, pena la privazione dell’effetto utile dell’approvazione di tale autorità, e che tale sistema debba applicarsi obbligatoriamente a tutti gli utenti senza che sia possibile fissare, con uno specifico utente, diritti diversi da quelli precedentemente approvati. In questo modo, all’autorità di vigilanza indipendente viene conferito un ruolo importante, sottolineato all’articolo 11, paragrafo 1, della Direttiva, ed il suo l’intervento deve mirare non soltanto a garantire l’imparzialità delle decisioni e la corretta ed efficace applicazione della Direttiva stessa8, ma anche il principio di non discriminazione.

Consentire ad un gestore aeroportuale di fissare consensualmente con un utente diritti aeroportuali diversi da quelli approvati rimetterebbe in discussione i principi di consultazione, di trasparenza e di non discriminazione quali emergono dall’articolo 3, dall’articolo 6, paragrafi 1 e 2, nonché dall’articolo 79 della Direttiva. Pertanto, la modulazione dei diritti

aeroportuali può essere ammessa solo se si limita ad attuare criteri pertinenti, oggettivi, trasparenti e noti a tutti gli utenti in quanto figurano nel sistema approvato dall’autorità di vigilanza indipendente.

Con la seconda questione, il giudice del rinvio aveva chiesto alla Corte se, in sostanza, la Direttiva 2009/12 debba essere interpretata nel senso che essa osta ad un’interpretazione del diritto nazionale in forza della quale un utente dell’aeroporto non può contestare direttamente la decisione dell’autorità di vigilanza indipendente che approva il sistema di diritti aeroportuali, ma può proporre ricorso contro il gestore aeroportuale dinanzi a un giudice civile e far valere unicamente in tale sede che il diritto aeroportuale e che l’utente deve versare non risponde ad equità.

La Corte ha preliminarmente rilevato che, sebbene l’ultima frase dell’articolo 11, paragrafo 7, della Direttiva 2009/12 

potrebbe essere interpretata nel senso che consente agli Stati membri di scegliere tra un controllo parlamentare o un controllo giurisdizionale, alla luce del principio della tutela giurisdizionale effettiva (derivante dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri10 ed attualmente sancito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione11) l’assenza di controllo giurisdizionale non può essere sostituita dal controllo parlamentare. Inoltre, poiché i principi di non discriminazione, di trasparenza e di consultazione degli interessati in caso di modifica del sistema o dell’ammontare dei diritti, garantiti rispettivamente dagli articoli 3, 7 e 6 della Direttiva 2009/12, si configurano al tempo stesso come obblighi incombenti al gestore e come diritti che gli utenti in qualità di “parti interessate” ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 7, della Direttiva possono far valere in sede giurisdizionale, incombe agli organi giurisdizionali degli Stati membri di garantire la tutela giurisdizionale di tali diritti12.

In linea di principio, spetta al diritto nazionale determinare la legittimazione e l’interesse ad agire del singolo, fermo restando che la normativa interna non può ledere il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva13. Tuttavia, tale principio non richiede, in quanto tale, l’esistenza di un ricorso autonomo diretto in via principale a contestare la conformità di disposizioni nazionali alle norme dell’Unione, purché esistano uno o più rimedi giurisdizionali che consentano in via incidentale di garantire il rispetto dei diritti dei singoli14. Se infatti, da un lato, è compito dell’ordinamento interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, dall’altro il rispetto del principio di effettività impone che tali modalità procedurali non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio di tali diritti15.

Nel caso di specie, in forza dell’articolo 42, paragrafo 2, del codice del processo amministrativo, un ricorso di annullamento avverso un atto è ammissibile solo se il ricorrente fa valere di essere stato leso da tale atto nei propri diritti. Inoltre, la decisione con cui l’autorità di vigilanza indipendente approva un sistema di diritti aeroportuali produce effetti giuridici solo nell’ambito del rapporto tra tale autorità e il gestore aeroportuale, e tale decisione può essere contestata solo indirettamente dinanzi a un giudice civile, in sede di ricorso avverso la decisione del gestore aeroportuale che pretenda il pagamento del diritto. Infine, poiché l’articolo 315, paragrafo 3, del Bürgerliches Gesetzbuch (Codice civile; “BGB”)16 in determinati casi impone al giudice civile di statuire secondo equità, egli deve bilanciare gli interessi economici oggettivi  dei contraenti, ma anche valutare l’oggetto del contratto e l’importanza della prestazione per la quale il prezzo richiesto dovrebbe rappresentare un corrispettivo ragionevole, potendo comunque tener conto anche di altri aspetti che discendono da leggi speciali, quali i principi dell’Unione.

Limitandosi alla razionalità economica del contratto individuale, l’applicazione dell’articolo 315, paragrafo 3, del BGB disconosce il fatto che solo una fissazione dei diritti aeroportuali basata su criteri uniformi potrebbe garantire che la politica in materia di diritti aeroportuali sia applicata allo stesso modo a tutte le imprese interessate17. Infine, un controllo dei diritti basato sull’equità e l’adozione, se del caso, di una decisione ex aequo et bono conformemente all’articolo 315, paragrafo 3, del BGB, sono contrari al principio di non discriminazione degli utenti garantito dall’articolo 3 della Direttiva 2009/12, tanto più che le sentenze civili avrebbero effetto limitato alle parti nelle singole controversie18. Pertanto, l’articolo 315, paragrafo 3, del BGB, non consente ai giudici civili tedeschi di garantire una tutela giurisdizionale effettiva a tali utenti.

Per questi motivi, la Corte ha dichiarato che:

“La direttiva 2009/12/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, concernente i diritti aeroportuali, e segnatamente il suo articolo 3, il suo articolo 6, paragrafo 5, lettera a), nonché il suo articolo 11, paragrafi 1 e 7, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una norma nazionale che consente a un gestore aeroportuale di stabilire con un utente dell’aeroporto diritti aeroportuali diversi da quelli fissati da tale gestore e approvati dall’autorità di vigilanza indipendente, ai sensi di tale direttiva.

La direttiva 2009/12 deve essere interpretata nel senso che essa osta a un’interpretazione del diritto nazionale in forza della quale un utente dell’aeroporto non può contestare direttamente la decisione dell’autorità di vigilanza indipendente che approva il sistema di diritti aeroportuali, ma può proporre ricorso contro il gestore aeroportuale dinanzi a un giudice civile e far valere unicamente, in tale sede, che il diritto aeroportuale fissato nel sistema di diritti aeroportuali che tale utente deve versare non è conforme all’equità”.