In data 15 maggio 2019 l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) ha approvato il Regolamento recante disposizioni in materia di rispetto della dignità umana e del principio di non discriminazione e di contrasto all’hate speech1 .
L’esigenza di una specifica regolamentazione in materia nasce dall’esito dell’analisi condotta dall’Osservatorio per la Sicurezza contro gli Atti Discriminatori (OSCAD)2 , nel periodo tra il 2013 ed il 2017. I dati raccolti hanno evidenziato un aumento dei c.d. hate crime, ossia dei c.d. reati d’odio connessi all’origine etnica o alla provenienza geografica della vittima dovuti, tra l’altro, anche alla maggiore diffusione di espressioni d’odio nel discorso pubblico, specialmente nei media e su internet
Le espressioni d’odio (hate speech) si pongono in contrasto con i principi fondamentali di tutela della persona e del rispetto della dignità umana, oltre che del principio di non discriminazione. Le espressioni d’odio sostanziano una delle discriminazioni vietate dall’articolo 14 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali (CEDU), e consistono in una forma di violenza realizzata attraverso modalità espressive verbali o audiovisive, volta a discriminare particolari categorie di individui. L’articolo 14 della CEDU vieta infatti le discriminazioni “… fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione…”. Inoltre, il divieto di discriminazione è un principio di rango costituzionale giuridicamente vincolante, sancito dall’articolo 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, ai sensi del quale “… è vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale…”.
A livello europeo, nel novembre del 2018, l’EU High Level Group on combating racism, xenophobia and other forms of intolerance3 ha pubblicato delle Linee Guida4 relative all’applicazione della Decisione quadro 2008/913/GAI sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale5 . Questa Decisione, tra le altre cose, prevedeva che ciascuno Stato Membro adottasse le misure necessarie al fine di rendere punibili comportamenti quali l’istigazione pubblica alla violenza o all’odio nei confronti di persone in ragione della loro razza, del colore, della religione, dell’ascendenza o dell’origine nazionale o etnica, nonché la perpetrazione di tali atti mediante la diffusione e la distribuzione pubblica di scritti, immagini o altro materiale6 . Le Linee Guida dell’EU High Level Group precisano che hate speech e hate crime debbono essere riconosciuti e trattati come una speciale categoria di reati, cui rapportarsi avendo riguardo al modo in cui sono perpetrati rispetto ai valori protetti.