Il Decreto Legge 26 ottobre 2019 no. 124 recante "Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili” (DL 124/2019), pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 26 ottobre (cd. Decreto Fiscale) (DL 124/2019), ha introdotto il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui all’ art. 2 del D. Lgs. 74/2000 tra i reati presupposto della responsabilità 2311.
In particolare, il comma 2 dell’art. 39 del DL 124/2019 ha novellato il D. Lgs. 231/2001, aggiungendo l’art. 25-quinquiesdecies, rubricato “Reati tributari”, che dispone:
“In relazione alla commissione del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti previsto dall’articolo 2 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, si applica all’ente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote”.
Ai sensi del successivo comma 3 del DL 124/2019 in commento, l’art. 25-quinquiesdecies avrà efficacia dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del citato decreto, conversione che, come noto, dovrà avvenire entro 60 giorni dalla pubblicazione dello stesso in Gazzetta Ufficiale e, dunque, entro la fine dell’anno.
Si tratta di una novità importante in quanto è la prima volta che i reati tributari entrano direttamente nell’elenco dei reati rilevanti ex 231.
Finora, infatti, si riteneva, da parte di molti, che i reati tributari potessero essere contestati e comportare l’eventuale responsabilità 231 degli enti – ed in primis delle società - solo indirettamente, quali reati-scopo dei delitti di associazione per delinquere o di autoriciclaggio, già compresi nel catalogo dei “reati 231”.
L’input alla prevista estensione della responsabilità degli enti ai reati tributari deriva dall’obbligo per l’Italia – come per tutti gli Stati Membri - di recepire la Direttiva UE 2017/1371 (cd. Direttiva PIF) relativa alla “lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale” che, per le fattispecie di reato in essa previste (cc.dd. reati PIF), richiede agli Stati Membri di inasprire il regime sanzionatorio, aumentando i limiti edittali delle pene detentive e prevedendo “misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili”.
Al riguardo si ricorda che la Legge 4 ottobre 2019 n. 117 (Legge di delegazione europea 2018), entrata in vigore lo scorso 2 novembre, ha delegato il Governo a recepire, tra le altre, proprio la Direttiva PIF, anche integrando le disposizioni del D. Lgs 231/2001 al fine di estendere la responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche ai reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione Europea che non siano già inclusi nel catalogo dei reati 231. Si tratta, in particolare, delle cc.dd. “gravi” frodi IVA per come definite dalla stessa Direttiva (ossia che siano connesse al territorio di due o più Stati membri dell'Unione e comportino un danno complessivo pari ad almeno 10.000.000 euro).
Non si esclude che il Legislatore possa cogliere l’occasione per estendere il sistema 231 a tutta la materia penale –tributaria e non solo alle fattispecie previste dalla Direttiva PIF.
Soffermandoci sulla prevista novità portata dal DL 124/2019 (se confermata in sede di conversione), si segnala che in caso di reato di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 del D. Lgs. 74/2000 commesso nel loro interesse o a loro vantaggio, le società potranno pertanto incorrere nell’applicazione di una sanzione pecuniaria “ex 231” di importo compreso tra 129.000 e 774.500 Euro.
Ciò in base al meccanismo delle quote che il D. Lgs. 231/2001 prevede per le sanzioni pecuniarie e del nuovo art. 25-quinquiesdecies che, come visto, per la fattispecie di reato in commento dispone l’applicazione all’ente della sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote.
Si ricorda, infatti, che la commissione di un illecito amministrativo dipendente da reato è sempre punita con l’applicazione di una sanzione pecuniaria (cui può aggiungersi, in determinati casi, quella interdittiva), sanzione che viene applicata “per quote” in un numero non inferiore a 100 e non superiore a 1000.
Si ricorda inoltre che l’importo di una quota può oscillare tra un valore minimo di 258 Euro e un valore massimo di 1.549 Euro, determinato dal giudice penale in base alle condizioni economiche e patrimoniali della società, per assicurare che la sanzione sia effettivamente efficace.
In attesa della legge di conversione del Decreto Fiscale (e dell’attuazione della Direttiva PIF) è dunque opportuno che le società si preparino ad aggiornare i propri Modelli 231, se già adottati, o ad implementarli ex novo, se ne sono ancora prive, attraverso la predisposizione degli opportuni sistemi di presidio e controllo ad esito delle necessarie attività di analisi del rischio.
Si tratta di uno “sforzo” che, anche in vista di quello che, all’indomani dell’adozione dei decreti legislativi di attuazione della Direttiva PIF, potrebbe essere il nuovo approccio del Legislatore in tema di rapporti tra reati tributari e responsabilità 231, sarà di certo ricompensato dalla possibilità per le società di mettere a punto, per tempo, sistemi interni di controllo in grado di far fronte ai nuovi scenari che potrebbero presentarsi.
Anche in considerazione dei rafforzati doveri – e connesse responsabilità – in tema di gestione dell’impresa posti ora a carico delle società (art. 2086 c.c.) si potrà trattare di un momento di verifica e, se necessario, di adeguamento del proprio assetto organizzativo, amministrativo e contabile. di sicura utilità.